mercoledì 11 dicembre 2019

I Savoia e Zosimo, ovvero nullius in verba (non dar fiducia alle parole di nessuno)




8 luglio 1718 - Leggendo “Storie e Leggende di Sicilia” di Luigi Natoli, ci si imbatte in un avvincente racconto dal titolo: “La grammatica tragica di sua maestà Zosimo”, la narrazione prende le mosse da un fatto realmente accaduto ad Agrigento l’8 luglio del 1718. Natoli purtroppo è stato un autore un po’ trascurato dalla critica, la sua colpa? Avere preferito il romanzo popolare al romanzo storico, nel periodo in cui scrisse godette però di tanta fama e di tanta considerazione e ancora oggi le sue opere si stampano e si vendono senza soluzione di continuità. L’autore siciliano, nato a Palermo nel 1857, scriveva romanzi popolari, a mio sommesso parere, per una scelta ideologica, infatti, come sostiene Umberto Eco nel saggio “I Beati Paoli e l’ideologia del romanzo popolare”, il romanzo popolare ha generalmente uno scopo consolatorio: i cattivi  subiscono sempre la giusta punizione e il bene trionfa senza nessuna eccezione. Il periodo di produzione letteraria di Natoli fu tutto attraversato da guerre, dittature, fame e carestia, questo lo ha spinto a scrivere per il “conforto” delle genti e, forse, anche di se stesso, i suoi lunghissimi feuilleton, dei quali sicuramente “I Beati Paoli” è quello più conosciuto. La  data de “La grammatica tragica di sua maestà Zosimo” non è casuale, infatti in questo giorno, l’8 luglio 1718, a Palermo approdava l’armata di Filippo V° di Borbone. Cominciava così il rapido tramonto del “Regno” dei Savoia nella nostra isola, la casa dei futuri re d’Italia, è bene non dimenticarlo, acquistò il regale titolo proprio in Sicilia. I Savoia fecero ben poco per farsi amare dai siciliani, Natoli così li descrive: […] la poesia popolare di quel tempo non seppe esprimere la desolazione, lo sconforto, la spoliazione che ricorrendo a una similitudine espressiva: <<Pari chi cci passò casa Savoia!>>. Sempre sui Savoia così si esprime l'avvocato Giuseppe Picone nelle sue “Memorie storiche Agrigentine” edito dalla Premiata Stamperia Formica nel 1942, “Il governo savoiardo, che fu talmente aborrito, che in una delle città della nostra diocesi, i monelli scarabocchiavano alle pareti esterne delle case un fantoccio, che appellavano Vittorio Amedeo, e faccan bersaglio alle sassate, e qualche ozioso componeva degli anagrammi, come quello di Victorius Amedeus in Cor eius est avidum”.

Zosimo – Cominciamo da Zosimo e dalla sua storia. Zosimo è il capo dei rivoltosi che, cacciati i militari dei Savoia, presero il potere a Girgenti. Insomma Zosimo è “Il re di Girgenti” narrato da Camilleri per la Sellerio nel 2001. L’incontro tra Camilleri e Zosimo è casuale e ci viene descritto così dal grande scrittore siciliano:
            <<Nel giugno del 1994 nella libreria romana quotidianamente frequentata mi capitò di sfogliare un libretto intitolato Agrigento. E subito lessi queste parole che riporto e che si riferivano a un episodio del 1718 accaduto il quella città, quando si chiamava ancora Girgenti:
Il popolo riuscì a sopraffare la guarnigione sabauda, strumento di un sovrano scomunicato dal pontefice, assunse il controllo di Girgenti e puntò a riorganizzare il potere politico disarmando i nobili, facendo giustizia sommaria di diversi amministratori, funzionari e guardie locali, e addirittura proclamando re il proprio capo, un contadino di nome Zosimo. […]
Restai strammato…>>.
La meraviglia di Camilleri la dice tutta sul fascino del personaggio. Un rivoluzionario agrigentino in grado di prendere il potere e di farsi proclamare “Re di Girgenti”. Camilleri ci informa sul come intorno a Zosimo il mistero rimaneva fitto e anche da Picone nelle sue “Memorie storiche Agrigentine” all’episodio vengono dedicate <<due frettolose mezze paginette>> che descrivono Zosimo come una belva inferocita, quasi un compiaciuto sanguinario. Camilleri a causa di tanta reticenza decide, senza fare altre ricerche, di scrivere una biografia di Zosimo <<tutta inventata>>, ne è venuto fuori il già citato capolavoro “Il re di Girgenti” edito da Sellerio, se volete potete interpretare l’informazione come un invito alla lettura.
Continuiamo con Zosimo, ma passiamo a leggere Natoli e il suo “Storie e Leggende di Sicilia” ristampato da Flaccovio di Palermo nel 2009. “Compare Zosimo, un contadino, dalla faccia scimmiesca, piccolo, nero, magro”. Natoli non è certo più tenero di Picone con il povero Zosimo, lo descrive quasi come se si trattasse dell’anello mancante della scala evolutiva umana. Nel racconto di Natoli Zosimo domina a lungo la scena assumendo, con il dipanarsi della narrazione, una sorta di malefica grandezza, si lascia guidare dall’ispirazione momentanea, o addirittura dalla sua temerarietà, decide velocemente e non sempre per il giusto verso. Riesce a sopraffare le forze Sabaude, riesce a disarmare tutti i nobili, riesce ad impedire che in città arrivino rinforzi sabaudi, ordina una strage con pochi precedenti. La strage però sancisce la sua reale pericolosità e quindi ne determina la fine.

La lettera – Diciannove morti fanno una strage terribile, perché tanta ferocia? Perché la folla, e in questo i le narrazione dei tre autori sono conformi, vuole la testa di Pompeo Grugno? Si dice che a scatenare la violenza dei rivoltosi fu una lettera, che cosa c’era scritto? Chiediamolo ai vari Zosimo che abbiamo incontrato: quello di Camilleri viene a contatto con la lettera dopo uno scontro che suoi uomini hanno avuto con un drappello di Savoiardi, ma perché volevano ammazzare i prigionieri colpevoli, secondo i rivoltosi, di essere filo Sabaudi, ma resi inoffensivi dall’essere prigionieri e disarmati? Cosa c’era scritto in quella lettera e ancora a chi era indirizzata?
<<Ma pirchì vuliti la morti di Grugnu?>> Spiò Fofò La Bella.
<<Pirchì nella tracolla del tinenti che cumannava i cavalleggeri e che è mortu, avemu attruvatu sta littra>>. La cavò dalla sacchetta e la pruì a Zosimo. Non era favusa, i sigilli erano rotti ma autentichi. La littra firmata da Pompeo Grugnu, era indirizzata al Colonnello Sannazzaro, comandante la guarnigioni di Naro e addimannava aiutu assennusi fatta la situazioni a montelusa difficili assà. Grugno finiva dicennosi prigionieru dai montelusani in rivolta.
<<ebbè?>> fece Zosimo.
<<Comu, ebbè?!>> Replicò Tanu. << Me lo spieghi come fa Grugnu dal carzaro ad addimannari aiutu? Veni a diri che ancora ccà ci ha amiciuzzi proni a favurirlu!>>
Zosimo non arrispose, sintiva che c’era qualichi cosa che non quatrava, ma non ebbi tempu né di fari né di diri nenti. Una vintina d’òmini trasirino facenno voci, Zosimo s’arritrovò con una spata in mano, a caminare verso il castello con alimenu tricentu pirsune inferuciute che gli andavano appressu…>>.

Il re di Girgenti nel romanzo di Camilleri sembra coinvolto suo malgrado, travolto dalla velocità degli eventi, spinto dalla ferocia degli altri, schiacciato dalla responsabilità di essere un capo e dalla necessità di non deludere i suoi uomini, condizionato pesantemente dal contenuto della lettera.
Andiamo a vedere cosa ci racconta Picone del suo Zosimo.
<<La plebe si raccozzò, si mosse indi fattosene capo un contadino di nome Zosimo tumultuò contro Pompeo Grugno, che si tenea nemico del popolo, e corse ad aggredirlo in casa chiedendone la testa: però il Capitano Pietro Montaperto sopravvenuto in tempo, calmò le ire di quella ciurma, e salvò il Grugno e suo fratello Nicola. E con essi furono, per ordine di Zosimo, ivi trascinati con molti altri cittadini […] Il dieci del mese, nella chiesa di San Francesco di Assisi fu trovata una lettera, in cui si avvisava il Grugno, che i soldati da lui richiesti erano per movere da Naro per Girgenti. Fu la favilla secondata da un grande incendio. In quella lettera si volle vedere un gran tradimento che Grugno e la eletta cittadinanza ordinavano contro i sediziosi. Zosimo si accende di sdegno, è infrenabile, si arma, trascina seco una moltitudine di suoi compagni […] come belve inferocite, uccidono a fucilate diciannove prigioni, fra’ quali i fratelli Grugno…>>
Questa volta la lettera viene trovata in una chiesa, precisamente in quella di San Francesco di Assisi, chi l’aveva scritta? Chi l’aveva trovata? E ancora chi l’aveva letta? Sono tutte domande alle quali Picone non dà nessuna risposta, sappiamo solo che la lettera costò diciannove morti e in questo i dati di Camilleri e Picone coincidono.
            Vediamo come Natoli ci racconta la cosa. Anche ne “La grammatica tragica di sua maestà Zosimo” è presente una lettera?
…intanto che   discutevano, un plebeo s’accorse di una lettera caduta per terra, chi sa a chi e da quando. La raccolse, la guardò, ma non sapendo leggere la portò a Zosimo.
C’è qualcuno che sa leggere?
Era una domanda sciocca: forse che i plebei imparavano a leggere? Era una cosa necessaria a loro?... non c’erano forse i preti e gli scrivani per leggere all’occorrenza? Un’idea: ricorrere a un prete. S’andò a scovare uno dei preti in servizio in chiesa, perché decifrasse quel misterioso papiro… era diretta allo spettabile Don Pompeo Grugno.[…]
<<Mio signore colendissimo e padrone riveritissimo. Con la presente avverto V.S. che domani mattina, nell’occasione dei disordini che si temono, in obbedienza alli suoi riveriti comandi, una colonna di soldato moverà da Naro, per venire in cotesta>>…
- Come? come?... – interruppe Zosimo, a cui le forme della lingua toscana non erane familiari – la testa, vogliono la testa?...
Vengono a tagliarci la testa… tradimento! Tradimento!...
Al castello!... Al Castello…

Il seguito è ormai facilmente immaginabile, 19 morti!

Il lettore – Abbiamo visto che sulla lettera ci sono tre versioni diverse: quella di Camilleri che dice che fu trovata addosso ad un soldato Sabaudo morto e fu letta da Zosimo; quella di Picone, nella quale la lettera fu trovata nella chiesa di San Francesco di Assisi e non si ha notizia del lettore; infine, in quella di Natoli non si dice dove è stata trovata la lettera ma si indica il lettore in un prete. Mettiamo da parte la versione di Camilleri e combiniamo le altre due (Natoli e Picone), sfruttiamo le uniche due indicazioni chiare: fu trovata in chiesa e fu letta da un prete.
A questo punto comincia a sorgere qualche sospetto: o il “prete” ha scritto, fatto finta di trovare e poi letto la lettera che ha poi dato origine alla strage, oppure, cosa però assai rischiosa, incaricato di leggere la lettera, ha voluto consumare la vendetta contro gli scomunicati filo Sabuadi, distorcendo il contenuto della lettera, della quale a questo punto non sapremo mai il vero contenuto, era meglio non fidarsi del prete. L’intrigante versione di Camilleri però sembra inficiare tutto il ragionamento. Le cose però non stanno propriamente così, infatti, attraverso Zosimo, Camilleri esprime anche lui qualche dubbio: Zosimu non arrispose, sintiva che c’era qualichi cosa che non quatrava… Cosa non “quatrava” al re di Girgenti? Nella mente di Zosimo c’è il dubbio che la lettera possa essere falsa, ma non riesce o non vuole reagire e la strage non viene fermata. Purtroppo, in mancanza di altre fonti, il dubbio ce lo dobbiamo tenere…
L’ultima riflessione vorrei dedicarla al messaggio che Natoli ci vuole dare:
leggete, leggere è importante, l’ignoranza uccide!
È a causa dell’analfabetismo di Zosimo e compagni che la strage si poté consumare, perché una massa di ignoranti si è fidata dell’interpretazione di uno ignorante quanto loro. Se uno dei “rivoluzionari” avesse saputo leggere probabilmente la strage non sarebbe stata consumata.
La grammatica di Zosimo è tragica perché è la causa principale di una immane tragedia e poi perché è la causa della morte di Zosimo stesso. Natoli ci dà una doppia lezione, la prima è indirizzata alla società: l’ignoranza è pericolosa e deteriore per l’ordine sociale, comoda solo alle dittature, anche a quelle tragicomiche; la seconda lezione è più intima e privata, riguarda lo Zosimo che c’è in ognuno di noi: il “re di Girgenti” perde lo scettro e la vita perché non sa leggere, la sua ignoranza provoca un’ecatombe, ai 19 morti di cui abbiamo parlato si devono aggiungere Zosimo stesso e i suoi compagni dopo la sua sconfitta. “Bisogna studiare per non farsi prendere in giro da chi ha studiato”, ci diceva Cesare Pavese.
Volete sapere con quale inganno fu sconfitto Zosimo?
CONSIGLI PER GLI ACQUISTI:

Il re di Girgenti, romanzo storico di Andrea Camilleri, pubblicato dall'editore Sellerio nel 2001.

Storie e leggende di Sicilia,  leggende, aneddoti, cronache… di Luigi Natoli, ripubblicato dall’editore Flaccovio nel 2009.
Si possono prenotare comodamente nelle nostre edicole. Facimmu campari i paisani!
Bibliografia:
Andrea Camilleri, Il re di Girgenti, Sellerio, Palermo, 2001
Luigi Natoli, Storie e leggende di Sicilia, Flaccovio, Palermo, 2009
Giuseppe Picone, Memorie storiche agrigentine, Premiata Stamperia Formica, Agrigento, 1942
Francesco Lo Bue, Uomini e fatti di Casteltermini, Publisher F.L.B, Palermo, 1985
Umberto Eco, “I Beati Paoli e l’ideologia del romanzo popolare”, introduzione a “I Beati Paoli” di Luigi Natoli, Faccovio, Palermo, 2010

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