mercoledì 30 dicembre 2020

Vincastro? perché sempre mi sei vicino, mi sostieni col tuo vincastro...

 


Ultimamente mi è capitato di assistere più volte alla messa, quelle messe alle quali non vorrei partecipare mai, parte fondamentale dei funerali di persone amate. Sempre un po’ a disagio, ma sempre rispettoso, purtroppo mi capita di perdermi nei miei pensieri. In una di queste messe, in un canto risuonavano queste parole: perché sempre mi sei vicino, mi sostieni col tuo vincastro...

...ecco la parola che ha attratto la mia curiosità  è “Vincastro”, cerchiamo di capire di cosa si tratta e questa volta Wikipedia sembra molto esaustiva:

Il vincastro è un ramo di salice da vimini (salix viminalis) utilizzato principalmente dal pastore per guidare il gregge, ma anche per allontanare dalle pecore animali come cani randagi o lupi. Il salice da vimini è detto anche vinco, da cui vincastro per l'aggiunta del suffisso peggiorativo -astro. In senso esteso vincastro è sinonimo di bastone.

Talvolta può essere di legno di olivo, ma è meno utilizzato a causa del maggior peso e minore praticità d'uso.



Caratteristiche

Un tipo di vincastro è quello lungo all'incirca come la persona che lo possiede; viene impugnato circa a due terzi della sua altezza in modo da essere comodo per sostenere parte del peso durante il cammino e reca sulla sommità superiore una sorta di ricciolo ricurvo tipicamente utilizzato per portare alcuni piccoli sacchi per il viaggio. La forma ricurva del vincastro (che nel pastorale episcopale diviene un ricciolo) deriva anche dall'uso specifico, che lo distingueva dal semplice "bastone" del pastore, per catturare, fermare o guidare con più decisione pecore, capre e i loro nati, "agganciandoli" e trattenendoli, per il collo o le zampe.

Nel cristianesimo

Il vincastro è stato assunto dal cristianesimo come simbolo di guida spirituale del popolo di Dio nella metafora del pastore e del gregge. Tra le insegne dei capi religiosi della comunità, quali il papa e i vescovi, c'è un bastone detto pastorale, che si rifà appunto al vincastro, solitamente realizzato con materiali preziosi.

Il pastorale è simbolo di strumento di guida ma anche di protezione, perché con esso il pastore difende il gregge dai predatori quali lupi o cani randagi.

 


Citazioni

Nella Bibbia il vincastro è citato nel Salmo 23, o Salmo del buon pastore, in cui il vincastro è citato come strumento di protezione che dà sicurezza al gregge.

«Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla;

su pascoli erbosi mi fa riposare, ad acque tranquille mi conduce.

Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza.»

(Salmo 23)

Il vincastro è citato anche da Dante nella Divina Commedia nel canto XXIV dell'Inferno nell'ambito di una metafora a carattere bucolico. Dante descrive il cambiamento di umore del maestro Virgilio, paragonandolo a un pastorello che deve portare fuori il gregge in una fredda mattina di inverno: in un primo momento si dispera, ma poi si rinfranca ed esce comunque con le pecore.

«Lo villanello a cui la roba manca,

si leva, e guarda, e vede la campagna

biancheggiar tutta; ond’ei si batte l’anca,

ritorna in casa, e qua e là si lagna,

come ’l tapin che non sa che si faccia;

poi riede, e la speranza ringavagna,

veggendo ’l mondo aver cangiata faccia

in poco d’ora, e prende suo vincastro,

e fuor le pecorelle a pascer caccia.

Così mi fece sbigottir lo mastro

quand’io li vidi sì turbar la fronte,»

(Inferno, Canto XXIV)


martedì 29 dicembre 2020

I 10 buoni propositi di Rondelli per il nuovo anno

I 10 buoni propositi di Rondelli per il nuovo anno

1) Al primo posto, resiste da 20 anni, perderò 20 chilogrammi! L’ho pronunciato il 27 dicembre del 2000, quando pesandomi ho scoperto di avere varcato la soglia dei 100 chilogrammi. Da allora ho preso un chilogrammo all’anno, i matematici che stanno leggendo faranno l’azzeccata previsione che adesso peso 120 chilogrammi e mi avvio verso i 121... esatto! Mancano all’appello centinaia di euro spesi in dietologi, dimagrimenti e recuperi, decine di capi di abbigliamento che non mi entrano e che conservo nella speranza, vana, che un giorno mi entreranno.

2) A secondo posto una assoluta novità: non presterò mai più, e dico mai più,  libri a nessuno! Quest’anno, con il prezioso ausilio di moglie, figli, cugini e nipoti, in particolare di mio nipote Giuseppe, ho risistemato i miei libri... ne mancano all’appello 134! Una cifra enorme. Ma, udite udite, in mezzo ai libri, dimenticato e seminascosto, ho trovato il quaderno dove, fino ad un certo punto, ho segnato a chi avevo prestato alcuni libri! Shakespeare, quello che lo zio Carmelo Lombardo mi ha dato in fiducia! So dov’è! Molière è stato rubato dalla stessa persona! Il libro di storia medievale dell’università... è tutto scritto! Brutti caproni i libri si restituiscono! A proposito di Caproni... RESTITUITEMI “RES AMISSA”!



3) Il 2021 sarà l’ultimo anno nel quale crederò di essere utile alla mia Comunità. Il nostro paese ha chi si occupa di lui. Non ha bisogno di pseudo-intellettuali sempre a caccia del migliore dei mondi possibili. Casteltermini è perfetta così com'è, non ha bisogno di niente e di nessuno in più di quello che ha. Anzi io vi consiglio di non parlarci nemmeno con questi pseudo-intellettuali, è bene non correre il pericolo che possano turlupinarvi con le loro velleitarie idee, ma se cedete alla tentazione di parlarci non rischiate...  portatevi il vostro tutor, vi proteggerà.

4) Proverò ad essere felice. Apprezzerò quello che ho. Apprezzerò la mia stupenda famiglia, i pochi amabilissimi amici, i miei libri, i tramonti di Lupo Nero, l'Etna innevato visto da lontano, il Collettivo Nardo Vitellaro, il non essere più "secondario" nella mia scuola, le nuove responsabilità che ne conseguono e che mi rendono felice, i miei alunni e pochi miei colleghi, pochi ma ottimi, il mio gatto; non mi sottrarrò agli stimoli di chi mi vuole migliorare con l’esempio. Ogni volta che mi sentirò giù penserò a chi non ha niente di tutto questo e va avanti comunque.

5) Ritornerò ai miei progetti. Mi spiego meglio... a Gennaio del 2020 ho partecipato al Premio Letterario “Romanzo Italiano” indetto da RTL e Mursia, sono arrivato in finale, ovvero nei primi 10 in tutta Italia. A quel punto mi sono ingenuamente convinto di avere svoltato... niente, nothing, nada, rien! Offeso, da chi poi? Non ho più scritto e mi è tornata una tentazione che conosco, quella di cancellare tutto... non l’ho fatto. Sto dialogando con una casa editrice e tornerò a lavorare alle cose che stavo scrivendo, anche se sono cosciente che potrebbero non interessare a nessuno, anche se ci sono più motivi per arrendermi che per continuare.

6) Io e i miei “Nardi” lanceremo il crowdfunding per la ristampa delle poesie di Nardo Vitellaro. Con l’aiuto di un paio di amici recupereremo molti inediti, li pubblicheremo senza censura, forse prenderemo qualche querela... In altre parole vi sto chiedendo di finanziare la stampa del libro e, dopo, sulla base della cifra offerta vi daremo le vostre copie. Prometto che sarà l’ultima volta che provo a coinvolgervi in una impresa simile. Io credo che il libro abbia una componente erotica che dà un piacere fisico! Forse perché è un oggetto profumato, che colora la nostra realtà; in una parola, esiste. Questo è il suo vero punto di forza, nonché la differenza fondamentale rispetto agli equivalenti digitali. Un libro si deve tenere tra le mani, si deve odorare, oddio sto cedendo al feticismo librario!

7) Pulirò il bassorilievo di De Cosmi nell’omonima piazzetta. L’ho promesso al mio amico Zino, con l’aiuto dei miei pochi amabilissimi amici ci riuscirò. Il fatto che io faccia appello ai miei “pochi amabilissimi amici” non esclude tutte le amabilissime persone che mi vorranno aiutare. Necessitiamo di un “cestello” e di un esperto in pulizie del marmo e abbiamo fatto. Mi piacerebbe indire un “Premio De Cosmi per la didattica”. Occhio! sto provando a fuorviarvi con le mie velleitarie idee da pseudo-intelletuale, se lo sapesse il vostro tutor...

8) Realizzati i punti 6 e 7 la smetterò di "fare l'intellettuale", come ha detto qualcuno... Non c’è nulla di meglio del non sapere niente: ogni cosa sarà meravigliosa e sorprendente. Il sapere è sofferenza. In realtà il sapere e il non sapere sono fatti personali; io devo solo smettere di ostentare il mio interesse per la cultura, rinunciare alla componente narcisista che inevitabilmente mi prende. "Grande sapienza è grande tormento: chi più sa, più soffre" recita il Qohelet (1, 18). A che serve d'altronde capire come funziona il mondo e come si comportano gli esseri umani quando poi si scopre che niente cambia, che le ingiustizie continuano, e che tutto è vanità?

9) Uscire dalla zona di comfort, cioè mettermi alla prova in situazioni che non conosco alla perfezione, che rappresentano una sfida, che non mi fanno stare del tutto tranquillo. Per esempio non ho mai avuto il coraggio di considerare l’ipotesi di lasciare Casteltermini, anche quando altri posti mi hanno offerto buone occasioni. Casteltermini rappresenta, sarebbe più onesto dire rappresentava, la mia comfort zone... non so perché non lo è più. Mi riservo di riconsiderare la questione se e quando ci libereremo dal corona virus, oggi non mi sento più a mio agio in questo paese. Sono cosciente che l'inferno e il paradiso sono dentro ognuno di noi e io continuo a vedere il peggio, il fatto che gli altri non lo vedano dimostra che i demoni sono dentro di me...



10) L’anno prossimo scriverò solo 5 buoni propositi perché 10 sono troppi.

Abstact: dimagrire, non prestare libri, farmi i cazzi miei, essere felice, scrivere, ristampare Nardo, pulire la faccia di Agostino, rifarmi i cazzi miei, emigrare, dimezzare i buoni propositi.





lunedì 28 dicembre 2020

Come la ricorda Rondelli: via Trieste un racconto senza memoria (Puntata 1)

 


Titolo prima puntata: via Trieste un racconto senza memoria

                La malattia di Alzheimer è una malattia neurodegenerativa che annulla la memoria delle persone, e siccome l’uomo è memoria, l’Alzheimer annulla le persone. Questa malattia ha colpito mia madre, e prima di lei i miei nonni, noi in dialetto castelterminese la chiamavamo semplicemente “arteri”, avi l’arteri. Confondendola, noi e forse anche i dottori con l’arteriosclerosi.  Nella malattia di Alzheimer, la memoria dei fatti recenti tende ad essere la più colpita, mentre la memoria a lungo termine resiste per molti anni dall'inizio della malattia. Accade così che i malati di demenza ricordino cose che hanno fatto anni prima, ma non riescano a ricordare se hanno già fatto colazione.

    Nel caso di mia madre, ma anche dei miei nonni, questo meccanismo ha fatto riaffiorare delle memorie lontanissime. Per esempio mia madre, appena faceva buio, mi diceva di accompagnarla a casa sua in via Trieste, mio nonno mi raccontava della guerra e mia nonna spiriti, fantasmi e malelune. Io queste memorie non voglio che si perdano, e con i miei amici abbiamo deciso di ricostruirle, magari in maniera fallace, e là dove sbaglieremo ci aiuterete a precisarle e migliorarle.

    Torniamo a mia mamma. La via Trieste di mia madre è questa, quello che vedete è l’antiquarium, un tempo credo laboratorio Di Pisa. Mia madre abitava in questa strada che era bambina, questa è la sala Di Pisa. In questa strada bazzicava spesso, almeno nei racconti di mia madre, Michele Guardì, che mia madre descrive come un bambino, "rivirsu", ma allegro e simpatico, una sorta di piccola canaglia, fissato, sempre a detta di mia madre, con le processioni. Quest’ultima parte non la capisco bene. Questa è la porta dove abitava mia madre e di fronte, mi raccontava, abitavano due famiglie tunisine. A suo dire perfettamente integrate nel tessuto sociale del nostro paese, in una Casteltermini migliore rispetto a quella del razzismo social di

    Di Enzo Di Pisa mia madre ricordava poco, se non inserendolo nella piacevole colonia estiva castelterminese, che invadeva il lido Tritone, poi Àncora, a Porto Empedocle. La memoria di Enzo Di Pisa è affidata al “Premio Enzo Di Pisa” e a questo teatro a lui dedicato. Il nostro teatro ha una storia eccezionale. Da questo teatro sono passati grandi attori, registi, scrittori. Questo teatro, smontate le poltroncine, diventava sala da ballo, vi si tenevano i rinfreschi per i matrimoni.

    Siamo in possesso di un documento che del 1801 afferma che del Teatro esistevano soltanto le mura ed una parte di sola aerea, è ragionevole pensare che almeno cento anni prima, e quindi verso il 1700, a Casteltermini dovette esistere un teatro di proprietà privata.

    Questo spiega perché Casteltermini ha una “Porta Teatro”  e un quartiere che si chiama “Porta Teatro”, perché il teatro è impresso nel DNA della nostra comunità. Non è un dettaglio da poco... in altri paesi in altre città ci sono “Porta Palermo”, “Porta Agrigento”, “Porta di Ponte”, noi abbiamo “Porta teatro”. Casteltermini un tempo si apriva al mondo, accogliendolo con un teatro...



sabato 26 dicembre 2020

Come la ricorda Rondelli (Puntata 0)

 


         Quante volte avete sentito parlare di Alzheimer? Una malattia che annulla la persona. Noi abbiamo pensato a questa serie di piccoli inserti, che parlano della memoria, proprio perché, ci siamo resi conto di una cosa importante: l'Alzheimer, facendo perdere la memoria, ci sottrae le persone care.

         Io sono venuto a contatto l’Alzheimer, prima inconsapevolmente, quando ne sono stati colpiti i miei nonni e poi, più consapevolmente, quando ne è stata colpita mia madre. Solo  allora ho capito che si doveva intervenire, senza tentare di prodursi in  nessuna pretesa scientifica, anche perché l’Alzheimer, diciamoci la verità, ancora non si è capito cosa realmente sia. Presi dalla necessità di agire, ci siamo inventati una formula, grazie alla quale cerchiamo di salvare la memoria, i ricordi, i pensieri delle persone in Alzheimer, al di là della questione rigorosamente scientifica e senza nessuna pretesa in questa direzione, siamo convinti che conservare la memoria dei singoli possa avere un ruolo fondamentale nell’arginare la perdita di memoria di massa.

         Per questo motivo ci aggireremo nei ricordi di mia madre, quelli che mi ha raccontato, quelli che mi ha affidato: le cose delle quali parlava, quando l’Alzheimer incipiente non la aveva ancora cancellato del tutto la memoria. Noi ve li racconteremo, cercando di ricomporli nel quotidiano.

         Tutto questo si lega anche al fatto che la società contemporanea sta perdendo la memoria, e quindi le memorie delle persone che sono state colpite da Alzheimer, e che sono state cancellate, servono a ricostruire la memoria di tutto il resto della comunità, che può essere la comunità castelterminese, ma che può essere la comunità di qualsiasi paese del mondo. Questo è quello che ci proponiamo di fare nelle prossime puntate, nelle quali gireremo per il paese raccontando le memorie di tutte quelle persone con le quali sono venuto a contatto e la cui memoria è andata perduta.


Malattia di Alzheimer

Oggi molto diffusa a causa del sempre maggiore invecchiamento della popolazione, la malattia di Alzheimer fa parte dei processi di decadimento irreversibile dell'attività psichica. È una delle più serie malattie del cervello: la persona colpita perde gradualmente la memoria e spesso anche le capacità riguardanti il linguaggio e l'orientamento nel tempo e nello spazio

Le manifestazioni della malattia

La malattia prende il nome dallo psichiatra Alois Alzheimer, che ne diede nel 1907 la prima descrizione scientifica. In maniera simile ad altre forme di demenza, la malattia di Alzheimer si manifesta inizialmente con difficoltà di memoria. Gradualmente il disturbo peggiora e si possono associare problemi di attenzione, di orientamento nel tempo e nello spazio e di esecuzione di calcoli; inoltre si possono manifestare difficoltà nel linguaggio. Il malato perde sempre più la propria autonomia, in quanto non è più capace di vestirsi, lavarsi, riconoscere le persone, mangiare da solo. In una fase ancora più avanzata viene meno la capacità di movimento e il malato non è più in grado di alzarsi dal letto; può anche avere convulsioni e infine morire per altre malattie che facilmente aggrediscono un fisico tanto indebolito.

Le cause

Le cause di questa malattia sono sconosciute. Sappiamo che alcune cellule del cervello (in questo caso i neuroni) iniziano a morire. Gradualmente il processo va avanti, accompagnato, o più probabilmente preceduto, dall'accumulo di proteine anomale. In certi casi di malattia di Alzheimer ereditaria sono state identificate alterazioni in alcuni geni che possono in parte spiegare l'accumulo di tali proteine nel cervello. Tuttavia, i casi di malattia di Alzheimer ereditaria sono assai rari. In tutti gli altri casi, quelli non ereditari, le cause della malattia restano sconosciute anche se sono stati scoperti geni che potrebbero essere associati a un aumento del rischio. Per quanto riguarda cause e fattori di rischio di origine non genetica, si ipotizza che la malattia sia più frequente in persone con un basso livello di istruzione o che hanno subito traumi al cranio. Tuttavia, si tratta solo di ipotesi che devono essere confermate.

La diagnosi

La diagnosi di malattia di Alzheimer è assai difficile, visto che esistono molte altre forme di demenza. Inoltre, anche persone anziane malate di depressione possono sembrare dementi. Tuttavia, attraverso test che valutano le capacità intellettive, esami del sangue, la TAC (Tomografia assiale computerizzata) e la risonanza magnetica ‒ che forniscono immagini particolareggiate del cervello ‒ , l'elettroencefalogramma ‒ che mostra l'attività elettrica del cervello ‒ , è possibile riconoscere la probabile presenza della malattia di Alzheimer. Soprattutto, è possibile escludere altre cause curabili di demenza; per la malattia di Alzheimer, invece, non esistono cure in grado di guarire il paziente, anche se particolari farmaci possono migliorare transitoriamente alcune funzioni nel 30÷40% dei casi.

Il numero dei malati

La malattia di Alzheimer rappresenta certamente un grave problema non solo medico, ma anche sociale. Infatti, nella popolazione sopra i 65 anni 5 persone su 100 sono affette da demenza, e nella metà dei casi si tratta di malattia di Alzheimer. Il numero di persone colpite è destinato a crescere ancora di più nei paesi industrializzati dove, entro il 2030, si prevede che la popolazione anziana sarà più che raddoppiata. Inoltre, la malattia non coinvolge soltanto i pazienti, ma anche i familiari e coloro che devono assisterli in tutte le attività quotidiane quando queste persone perdono la loro autonomia.

(www.treccani.it)




Come la ricorda Rondelli (Puntata -1)

 


         Nonostante la sua aura di superiorità, che lo pone, come organo principe, a capo di tutto ciò che facciamo, seppure guarda tutti gli altri organi dall'alto in basso... il cervello va allenato come se fosse un muscolo: più lo usiamo e più si tonifica. Allo stesso modo si comporta la memoria, va allenata. È banale dire che una volta ricordavamo una gran mole di numeri telefonici a memoria, poi abbiamo affidato questa e altre memorie ad ausili elettronici, che poco a poco hanno sostituito completamente la memoria cerebrale. La stessa cosa è accaduta ad altre memorie, che si sono impoverite, infiacchite, come muscoli non allenati hanno perso tono, per poi svanire.

         I miei figli, e anche un po’ mia moglie, mi prendono in giro quando dico che è in corso una perdita di memoria di massa. Eppure ci sono politici che ci possono dire tutto e, dopo pochi i giorni, il contrario di tutto e molti, non ricordando, non si accorgono. Politici che vantano carriere trentennale, ma che si continuano a proporre come il “nuovo” e molti li percepiscono come tali, dimenticando in fretta 30 anni di insulti. “Credo che un uso più massiccio di Internet e delle tecnologie informatiche - è la tesi di Pam Briggs, docente alla Northumbria University - stia iniziando a produrre effetti. La capacità di ricordare le cose quotidiane potrebbe essere minacciata se si usano i computer come delle specie di memorie esterne”.

         Siamo di fronte ad una ipertrofia di informazioni e a una ipotrofia della memoria, mette in guardia contro l'eccesso di dati che ci bombardano David Cantor, direttore del Psychological Services Institute di Atlanta, Georgia: “La saturazione di informazioni rende difficile per molti assorbire nuove cose da ricordare perché costoro sembrano aver raggiunto una sorta di limite fisico di ciò che la loro testa può contenere. E se i dati non vengono assorbiti non potranno poi essere ricordati”. Come insegnano i pc quando hanno esaurito gli spazi sul disco fisso: prima bisogna cancellare i documenti che interessano meno, poi se ne possono inserire di nuovi

         Non stupisce che una malattia molto diffusa negli ultimi anni sia l’Alzheimer. Malattia che fa parte dei processi di decadimento irreversibile dell'attività psichica. È una delle più serie malattie del cervello: la persona colpita perde gradualmente la memoria e spesso anche le capacità riguardanti il linguaggio e l'orientamento nel tempo e nello spazio. 



venerdì 25 dicembre 2020

Tre libri in ritardo... (scusate)

                


Quando l'anno giunge in questo periodo, quello delle vacanze invernali, sono solito scrivere, non richiesto (citazione di Margot Burgio), un pezzo nel quale consiglio tre libri da leggere o regalare. Quest’anno, preso da mille cose, sono arrivato in ritardo, ma fidando in un antico adagio siciliano: La tardanza unn’è mancanza, seppure fuori tempo massimo, voglio lo stesso consigliarvi tre libri. Questa volta non focalizzo solo i libri, mettendoli al centro della mia scelta, in questa occasione ho scelto di tenere conto anche della visione periferica delle case editrici, tutte siciliane. Molte persone, specie i giovani comprano gli oggetti, in particolare i capi d'abbigliamento guardando, non solo alla qualità, ma anche, se non soprattutto alle marche; nel mondo della lettura di solito non è così, si guarda ai contenuti, almeno noi comuni mortali, non guardiamo alla “marca” del libro, eppure è importante, specie per le edizioni più pregiate.

Il primo libro che vi consiglio è “La chiamano maternità” edito da Navarra Editore (vedi box 1), autrici Maristella Panepinto e Laura Ruoppolo. Mi è piaciuto molto questo libro, mi è piaciuto l’equilibrio tra arguzia e pathos. Ancora una volta mi viene in mente Calvino, che associa la leggerezza alla precisione e alla determinazione e non alla vaghezza. Aprendolo mi sono immerso sempre più in una intensa corrispondenza tra le due autrici, avendo modo di conoscere e apprezzare “l’universo di due donne del XXI secolo”, che non si nascondono e che ci fanno accedere ai loro punti di forza e alle loro debolezze, stimolando la riflessione. Particolarmente veritiero e coinvolgente è “Quello che le mamme non dicono” con il suo decalogo della sincerità sulla grande e sconosciuta rivoluzione del diventare famiglia. Un evento sconvolgente che, per una mollica data al bambino, mette in discussione equilibri che si ritenevano raggiunti e consolidati; cambia il rapporto con gli amici, con il tempo e… soprattutto con il sonno! Per ragioni che non sto qui a spiegare, non voglio dare troppe anticipazioni, oggi si dice spoilerare (che termine brutto!), consiglio a tutti i papà di leggere “I papà e le regole che ogni tanto vanno infrante”, ripenseranno a quante volte hanno fatto vivere ai pargoli momenti imperfetti. Preziosa la prefazione di Simonetta Agnello Hornby.

“La chiamano maternità” è un libro che fa bene alle famiglie, o forse è più opportuno dire alla famiglia, cedendo ad uno stile più intimo e consacrato; un libro che ci aiuta a capire che in una famiglia l’amore conta più della perfezione.

Secondo libro e altra casa editrice siciliana, questa addirittura agrigentina, Medinova (vedi box 2); il libro che consiglio è “Lo Sfascismo” di Antonio Russello. La casa editrice di Favara ha sottoscritto con gli eredi un accordo editoriale, grazie al  quale, ai libri già pubblicati e in ristampa, saranno affiancati da 7 preziosi inediti, la collana fornirà quindi un quadro completo della produzione di Antonio Russello. Occasione imperdibile per gli estimatori dell’autore favarese.

 Russello da molti è ricordato per il caso editoriale del suo "La luna si mangia i morti", preferito da Elio Vittorini al romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, quando Einaudi si trovò a valutare il "Gattopardo". Il mio consiglio di acquistare l’intera produzione di Russello, come “assaggio” potete leggere appunto “Lo sfascismo”, a partire dalla illuminante prefazione di Salvatore Ferlita, un viaggio al ritroso che prende l’abbrivio dal delitto Moro ci accompagna fino alle Idi di marzo e all’'assassinio di Giulio Cesare. Pagine intense ironiche, sarcastiche, morali, vigorose che disegnano duemila anni di storia. In mezzo Andreotti, La Malfa, Berlinguer, Mussolini, Cavour che fa l’Italia del Nord, Garibaldi che fa l’Italia del Sud, mentre nessuno fa l’Italia! Si legge su Siciliaonpress: “lo sfascismo è, in definitiva, la capacità di tutta una serie di persone di annullare il progresso che si cerca di portare avanti ed avviene attraverso l’uso di determinate terminologie che vengono impiegate in tutti i periodi storici per ingannare il popolo”.

Il terzo libro vede all’opera Saverio Lamanna e Peppe Piccionello, i protagonisti dei gialli di Gaetano Savatteri, editi da Sellerio (box 3). Investigatori tanto involontari quanto simpatici e disincantati. In questa nuova avventura si recano in trasferta sulle Madonie, l’Everest per chi vive sul livello del mare, in soccorso di Suleima, sconfortata per la morte del suo ultimo datore di lavoro. Un incidente di montagna che però presto si rivela molto più che una tragica fatalità. Senza tradire la sua cifra ironica e sarcastica, Savatteri racconta il dramma quotidiano del rapporto con il futuro, dello scontro tra generazioni che ha sancito la rottura del patto tra padri e figli.

Muore Steve, un nome evocativo, un milionario americano deciso a investire in Sicilia. Non era soltanto un uomo d’affari, era un idealista che voleva contribuire a una scossa salutare contro l’immobilismo gattopardesco. Attorno a lui una squadra di giovani entusiasti, venuti da ogni parte. Tra di loro c’è Suleima, la splendida compagna di Saverio che, andato a consolarla, si trova a curiosare nelle attività dell’imprenditore appena deceduto… mi fermo qui, il resto è ironia, disincanto e amore per questa terra bellissima e maledetta.

lunedì 21 dicembre 2020

I ragazzi dell’IISS “Madre Teresa di Calcutta” incontrano le dottoresse Falletta e Di Salvo

 

            Casteltermini, 21 12 2020 (IISS “Madre Teresa di Calcutta”) – Si è svolto questa mattina, in videoconferenza Meet/G-suite, il webinar dal titolo: “Adolescenti in tempi di Covid-19”.

            Ad aprire i lavori è stato il saluto della dirigente Graziella Parello, che ha sottolineato l’importanza e l’utilità di momenti come quello di oggi. Ha poi preso la parola la promotrice dell’incontro, la prof.ssa Linda Mancuso, che ha esordito ringraziando tutti gli intervenuti e in particolare le due psicologhe che hanno relazionato davanti all’intero istituto.

            La prima parte dell’incontro è stata affidata alla dott.ssa Azzurra Falletta, Psicologa dell’età evolutiva, esperta in Disturbi Specifici dell’Apprendimento e Terapista comportamentale. Attraverso una serie di diapositive ha affrontato un percorso che, partendo dalla domanda: che cosa è accaduto?, ha analizzato a fondo le paure, le incertezze, i malesseri dei ragazzi; non tralasciando gli aspetti legati alla didattica a distanza e a tutte le conseguenze che un evento traumatico come il covid ha avuto e continua ad avere sulla scuola. «Un cambiamento radicale, anche positivo, – ha affermato la dott.ssa Falletta – è sempre destabilizzante e va affrontato con la giusta strategia».

            Nella seconda parte ha preso la parola la Dott.ssa Giusi Di Salvo, Psicologa clinica, perfezionata in Psicologia perinatale, Libera Professionista a Bagheria; “Quaranteen e uso dei social” è stato il titolo della sua relazione, nella quale ha spiegato ai ragazzi come le fakenews, non solo contribuiscono alla disinformazione generale, ma hanno anche il potere di modellare la nostra visione del mondo. «La cosa peggiore – secondo la psicologa Di Salvo – è che spesso le false notizie alimentano o pregiudizi e incoraggiano la violenza». La quarantena ha portato anche alla ridefinizione degli spazi all’interno delle case di ognuno di noi, creando a volte problemi di convivenza, ma anche l’opportunità di riscoprire il valore dello stare insieme.

            Nelle relazioni le due psicologhe non hanno tralasciato di sottolineare il ruolo delle famiglie, alle quali hanno dedicato parole di incoraggiamento ed di esortazione alla resilienza. In chiusura è stato dato spazio alle domande, nelle quali i ragazzi hanno chiesto se questo periodo ci cambierà per sempre, se ritorneremo ad una vita normale, se erano previsti altri incontri simili, domanda questa che dà la misura dell’alto gradimento dell’incontro.

            Prima dei saluti finali, la prof.ssa Mancuso ha comunicato l’intenzione della scuola di aprire uno sportello coordinato da una psicologa, per far sì che i ragazzi abbiano un supporto psicologico che li aiuti a superare questo difficile periodo. L’ultima parola è toccata al decano della scuola, prof. Lillo Chiarenza, che ha sottolineato con orgoglio che la dottoressa Falletta è stata alunna dell’IISS “Madre Teresa di Calcutta”.



domenica 20 dicembre 2020

Analfabeti della riflessione

 


«Una delle più celebri poesie di Francesco Petrarca comincia con questi versi: “Solo e pensoso i più deserti campi / vo mesurando a passi tardi e lenti”. Quelli della mia età li hanno imparati a memoria, e poi sono rimasti stampati nella nostra mente. Non saprei dire delle generazioni più giovani, dubito però che ne abbiano una famigliarità quasi automatica. Bisogna riavvolgere la pellicola del tempo di circa ottocento anni per collocarli nella storia della nostra letteratura e nella cultura che vi si rispecchia, eppure è come se questi versi continuassero a parlarci con il loro elogio della solitudine […]. Dunque l’elogio di Petrarca resta così attuale?

No e sì. No, perché intanto la solitudine è diventata una malattia endemica che affligge quasi tutti e alla quale evitiamo di pensare troppo. Ma anche sì, perché non riusciamo a vivere oppressi come siamo dalla mancanza di pensiero e di riflessione in una società dove c’è sempre meno tempo e spazio per indugi e pause. Anzi, dove la pausa per riflettere viene solitamente considerata dannosa e perdente, e lo stesso modo di dire “una pausa di riflessione” di solito è usato come un trucco gentile per prendere congedo da chi insiste per starci vicino.

Non sentiamo il bisogno di “deserti tascabili”, cioè individuali, maneggiabili, personalizzati, per il semplice fatto che li abbiamo in casa, nella nostra stanza, nella nostra tasca, resi disponibili per ciascuno da una ormai generalizzata tecnologia della solitudine. Perché mai dovremmo uscire per andare a misurare a passi lenti campi lontani (o inventarci una qualche siepe leopardiana al di là della quale figurarci spazi infiniti), a portata di clic, una tranquilla solitudine prêt-à-porter di dimensioni incalcolabili, perfezionabile e potenziabile di anno in anno?

Non c’è dubbio che oggi la nostra solitudine, il nostro deserto artificiale, stia realizzandosi in questo modo, che sia proprio una fuga dai rumori e dall’ansia attraverso una specie di ritiro spirituale ben protetto in cui la solitudine con i suoi morsi (ecco il punto!) viene esorcizzata da una incessante fornitura di socialità fantasmatica. Oggi ci sentiamo terribilmente soli, di fatto lo siamo, e cerchiamo riparo non in una relazione sociale che ormai ci appare barrata, ma nell’illusione di essere presenti sempre e ovunque grazie a un congegno che rappresenta effettivamente il nostro essere soli con noi stessi. Un circolo vizioso.

Stiamo popolando o desertificando le nostre vite? La domanda è alquanto retorica.

È accaduto che parole come “solitudine”, “deserto”, “lentezza”, cioè quelle che risuonano negli antichi versi di Petrarca, hanno ormai cambiato rotta, sono diventate irriconoscibili e non possiedono più alcuna prensione sulla nostra realtà. Eppure ci parlano ancora e vorremmo che producessero echi concreti nelle nostre pratiche.

[…] Ma allora di cosa ci parlano quei versi che pure sembrano ancora intrisi di senso? È scomparso il nesso tra le prime due parole, “solo” e “pensoso”. Oggi siamo certo soli, come possiamo negarlo nonostante ogni artificio, ogni stampella riparatrice? […] Siamo soli ma senza pensiero, solitari e incapaci di riflettere.

30 […] Di solito non ce ne accorgiamo, ci illudiamo che non esista o sia soltanto una brutta sensazione magari prodotta da una giornata storta. E allora si tratta di decidere se sia meglio continuare a vivere in una sorta di sonnambulismo oppure tentare di svegliarci, di guardare in faccia la nostra condizione, di scuoterci dal comodo letargo in cui stiamo scivolando. Per farlo, per muovere un passo verso questo scomodo risveglio, occorrerebbe una difficile operazione che si chiama pensiero. In primo luogo, accorgersi che stiamo disimparando a pensare giorno dopo giorno e che invertire il cammino non è certo qualcosa di semplice.

Ma non è impossibile. Ci servirebbero uno scarto, un cambiamento di direzione. Smetterla di attivarsi per rimpinzare le nostre ore, al contrario tentare di liberare noi stessi attraverso delle pause e delle distanze.[…]

Siamo infatti diventati degli analfabeti della riflessione. Per riattivare questa lingua che stiamo smarrendo non dovremmo continuare a riempire il sacco del nostro io, bensì svuotarlo. Ecco forse il segreto della solitudine che non siamo più capaci di utilizzare.»

Da un articolo di Pier Aldo Rovatti, Siamo diventati analfabeti della riflessione, ecco perché la solitudine ci fa paura.

martedì 15 dicembre 2020

Inganno e ingannare, la parola nella storia

 

            Questa settimana per Parole Sono ho scelto la parola ingannare, mi è venuta in mente mentre leggevo un articolo che riguarda un famoso tentativo di inganno: La Congiura delle Polveri”. Lo so, lo so che è molto simile a turlupinare, ma la storia è davvero interessante.

            Osserviamo la parola attraverso il vocabolario Treccani: ingannare v. tr. [forse lat. tardo (dei gloss.) ingannare, di origine incerta]. – 1. Indurre in errore: ingannò l’avversario con una finta; anche con soggetto inanimato: l’apparenza inganna (prov.). Con soggetto di persona, include spesso l’idea della frode, della malizia: dubitavan forte non ser Ciappelletto gl’ingannasse (Boccaccio). 2. a. non com. Deludere, eludere: ile speranzeila fiduciaila vigilanzab. Rendere accettabile, con qualche artificio, cosa altrimenti molesta: chiacchierare un po’ per iil tempo, cioè per passarlo senza annoiarsi.  3. Come intr. pron., ingannarsi, giudicare erroneamente, cadere in errore: mi ero ingannato sul suo conto, lo avevo creduto diverso da quello che è realmente.

            Torniamo alla “Congiura delle polveri” e al suo protagonista Guy Fawkes, un

militare e cospiratore inglese. Noto anche sotto gli pseudonimi di Guido Fawkes e John Johnson, era membro di un gruppo di cospiratori cattolici inglesi che tentarono di assassinare con un' esplosione il re Giacomo I d'Inghilterra e tutti i membri del Parlamento Inglese riuniti nella camera dei Lord nell'anno 1605, complotto passato alla storia come la “Congiura delle Polveri” Il 5 novembre 1605 il complotto fu scoperto da Thomas Knyvet, un soldato del re e i 36 barili di polvere da sparo furono disinnescati. Da allora, ogni 5 novembre, nel Regno Unito e in Nuova Zelanda i bambini vanno in giro per il paese con dei fantocci, recitando una filastrocca che ringrazia Dio per aver salvato il Re dall'attentato, a chiedere soldi da dare ai genitori per comprare i fuochi per il falò in cui vengono bruciati i fantocci nella simbolica ripetizione dell'esecuzione dei congiuranti. Sembrano un po’ i nostri pupi di Cirasedda... (che suggestione!). La celebrazione è nota con il nome di “Guy Fawkes Night” ovvero: La notte di Guy Fawkes.

            Il volto stilizzato di Fawkes viene usato anche ai giorni nostri, nella nota organizzazione “Anonymous”, adepta all’hacking e a complotti vari. Nel momento in cui scrivo, proprio 1 mese fa è stata resa nota la notizia di un probabile attacco terroristico sventato dalla suddetta organizzazione contro l’I.S.I.S. La stessa maschera venne riadattata e riutilizzata nel famosissimo film: “V per Vendetta”.

    Non lasciatevi ingannare...

domenica 13 dicembre 2020

Arenza la nuova App social rivela la verità su quello che scrivi


         Si chiama Arenza la nuova sorprendente app social che sarà resa disponibile a partire dal 1° Gennaio 2021.

         Dal primo gennaio, a diffusione gratuita sull'APP store Apple e sul Play store Android, sarà disponibile Arenza, la nuova app che trasformerà quello che scrivi sui social in quello che pensi realmente.

         L’acronimo ARENZA  sta ad indicare A - Affirmations /R - Reconnaissance /E E- xpressed /N -  Not   /Z - Zone  /A – Authentic. Che tradotto in parole semplici può essere reso con “Ricognitore di affermazioni fasulle”. L’innovativa app è stata implementata grazie al lavoro sinergico di tre scienziati: il Giapponese Yukio Shika; l’americano, di origine indonesiana,  Daniel Wawidi e lo spagnolo Juan Quispe Cutila. Scaricabile gratuitamente su smartphone e tablet consente di accedere al servizio di valutazione dell’autenticità del commento scritto sotto l’immagine postata. 

Arenza, dopo essere stata scaricata e installata, presenta due versioni: AT (All time), con questa versione tutti i commenti messi sotto le tue foto verranno “tradotti” automaticamente nei veri pensieri di chi li ha scritti; con la versione OD (On demand), basterà rispondere al commento scrivendo ARENZA, tutto maiuscolo, e la app vi dirà immediatamente cosa pensavano realmente quando hanno scritto quel commento.

         La versione sperimentale al momento denuncia qualche problema, molti dei commenti sottoposti alla nuova app sono stati cancellati, si segnala anche qualche piccolo disordine.

A Carpinteria, in California, Hellen H. Si è vista trasformare il commento messo sotto l’immagine della nuova compagna del padre “Con questa nuova pettinatura stai benissimo, ti dà un tocco esotico” in “Sembri una scimmia”; ci dispiace segnalare che il papà di Hellen ora è infelicemente single.

Guai anche a Lakeville, in Minnesota, per Rogers Nelson, sotto il commento “Il nostro sindaco sempre al nostro fianco”  la nuova app ha tradotto nel più laconico “Non è venuto neanche per la solita foto”, il sindaco ha aspramente richiamato il proprio collaboratore, ma ha disinstallato l’app.

Si prende una torta in faccia dalla suocera durante la festa di compleanno.  Herman Salvador, un muratore di  Salem, ha scritto sotto la foto, pubblicata dalla suocera Heidi Laroque su un noto social, “Bellissima, per te il tempo non passa mai”, ARENZA ha fatto diventare la frase “Vecchia strega è da cinque anni che metti la stessa foto”. La suocera ha aspettato il momento della torta, per scagliarla in faccia all’ignaro genero. Nella baruffa seguita al lancio si segnala, purtroppo, il ferimento dello scrittore Francis Matthias, anch’esso intervenuto alla festa.

Guai anche alla Casa Bianca. Il famoso epidemiologo Anthony Fauci ha commentato così il post di Kamala Harris, che annunciata che lei e Joe Biden sono  "Persone dell'anno 2020" per il settimanale Time, “Una vittoria per la libertà, che dà forza alle donne”, sfortunatamente la nuova app ha cambiato il commento in “Non hai nemmeno la libertà di parlare con chi vuoi, se non vuole Joe”. Non è dato sapere a cosa faccia riferimento il commento dell’immunologo.

Un caso anche in Italia. Vincenzo Forni, presidente della “Dotta” football club, ha postato l’immagine dell’ultimo acquisto della società, l’esperto attaccante Luigi Guerra. L’allenatore ha commentato “Esperienza e saggezza al servizio della squadra”, che è diventato “Perché non compri pure mio nonno?”. Esonerato.

I filtri, le citazioni senza la fonte, le bugie, la “faccifaria” sono solo apparenza, anzi ARENZA APP!

Scaricatela!

sabato 12 dicembre 2020

Santa Lucia tra storia e leggenda

Le leggende - Ci sono varie leggende legate a S. Lucia,  la più accreditata la vuole orfana di padre ed appartenente ad una ricca famiglia di Siracusa, impoveritasi perché la madre, Eutichia, a causa di una malattia che la tormentava da anni, aveva speso grandi somme di denaro per curarsi, con risultati però deludenti. La situazione era disperata e l’unica possibilità di guarigione era affidata ad un miracolo, per questo la giovane Lucia e la madre si recavano spesso al sepolcro di Sant'Agata per pregare.

Narra ancora la leggenda che durante la preghiera Lucia si addormentò e fece un sogno nel quale S. Agata le domandò: perché, Lucia, mi chiedi un miracolo che tu sei in grado di fare da sola? S. Agata  faceva riferimento alla grande fede e alla santità della giovane fanciulla, che nello stesso sogno ebbe preannunciato che sarebbe  diventata la Patrona della città di Siracusa.

Il sogno non fu senza conseguenze e tornate in città la madre di Lucia guarì, Lucia, turbata da quanto era accaduto, decise di consacrare la sua vita esclusivamente a Cristo. La giovane era però promessa sposa di un uomo pagano, questi insospettito e preoccupato nel vederla vendere quel poco che le rimaneva per fare delle opere di carità e avendo capito che Lucia non aveva più intenzione di sposarlo, la denunciò come cristiana.

La persecuzione - Era in atto la cosiddetta “Persecuzione di Diocleziano” (o Grande Persecuzione), fu l'ultima e la più grave persecuzione nei confronti dei cristiani nell'impero romano. Nel 303 d.C., gli imperatori Diocleziano, Massimiano, Galerio e Costanzo Cloro emisero una serie di editti volti a revocare i diritti legali dei cristiani e ad esigere che si adeguassero alle pratiche religiose tradizionali romane. Lucia processata dinnanzi l'Arconte Pascasio, non nascose di essere cristiana e dichiarò di non temere di esser esposta tra le prostitute, poiché, secondo la Santa: “Il corpo si contamina solo se l'anima acconsente”. Si narra che ad un certo punto il proconsole ordinò che la donna fosse costretta con la forza ad essere esposta tra le prostitute, ma ella diventò così pesante, che decine di uomini non riuscirono a spostarla. L'Arconte inoltre sottopose Lucia a tormenti, ma niente riuscì a far vacillare la sua fede. La giovane Santa ne uscì illesa, fino a quando venne fatta inginocchiare e decapitata.

Altre tradizioni - Assieme alla tradizione appena narrata ne convivono altre, più o meno accreditate,  ve ne è una nella quale si narra che Lucia si fosse strappata da sola gli occhi prima dell'esecuzione, ritenuta priva di fondamento perché assente nelle tante narrazioni e tradizioni più accreditate. ma che a Casteltermini va per la maggiore. Un’altra ancor più strana leggenda narra che la giovane Lucia abbia fatto innamorare un ragazzo che, abbagliato dalla bellezza dei suoi occhi, glieli abbia chiesti in regalo, il fondamento logico di questa è difficile da comprendere. Lucia acconsente al regalo, ma gli occhi miracolosamente le ricrescono e ancora più belli di prima. Il ragazzo chiede in regalo anche questi, ma la giovane rifiuta, così viene da lui uccisa con un coltello nel cuore. 

L'immagine di Lucia con gli occhi sulla coppa o sul piatto è da collegarsi solo alla devozione popolare che invoca la santa come protettrice della vista (Lucia, dal latino lux - lucis = luce).

La  “cuccia” – Un’altra particolare storia narra che nel xv° secolo una terribile carestia si abbatté su tutta la Sicilia e in particolare su Siracusa affliggendone gravemente gli abitanti. La popolazione della città di Siracusa era allo stremo delle forze, la carestia mieteva vittime e gli abitanti invocavano a gran voce il miracolo della loro Protettrice. Il miracolo avvenne: la mattina del 13 dicembre giunsero finalmente in porto delle navi che scaricarono un enorme carico di grano, la fame e la debolezza non consentivano di aspettare la macinazione e la cottura del grano, allora si provvide a bollirlo e distribuirlo caldo alla popolazione. Da allora la tradizione vuole che nel giorno di Santa Lucia si consu­mi soltanto grano cotto: la tradizionale “Cuccia”. L’atto si è poi trasformato nel precetto di non consumare, in quel particolare giorno, prodotti derivati del grano che abbiano una produzione particolarmente complicata, pane, pasta, biscotti... tutto questo si suole riassumere nella locuzione: “guardarla a S. Lucia”, cioè rispettare i precetti appena enunciati. A Casteltermini, ma un po’ in tutta la Sicilia, il giorno che dovrebbe essere di astinenza dal pane e dalla pasta diventa il pretesto per consumare “arancini” in quantità,  anche se oggi vengono proposte nei più svariati modi, la classica arancina è quella con la carne.

Da cosa derivi il nome “cuccia” è cosa poco chiara, tra le ipotesi più accreditate si legge, che questo giorno per Santa Lucia “si cuccìa” terza persona singolare del verbo “cucciàri”  che significa piluccare, derivato da “cuocci” i granelli, oppure il nome cuccia si fa risale al gre­co kykeó, miscela o bevanda a base di farina cui si aggiungevano formaggio, miele o vino,  i gra­nelli cotti sono detti anche cuoca: briciole.

La cuccia deve essere rigorosamente condivisa, ecco che chi la prepara, la mattina del 13 dicembre, prima di colazione, fa il canonico giro del vicinato per distribuire la cuccia e per far sì che i vicini possano iniziare la giornata con una bella colazione a base della pietanza cara a Santa Lucia e non cadere in tentazione addentando frettolosamente una merendina già confezionata.

martedì 8 dicembre 2020

La parola Immaginario... spiegata da Nardo

 


Il mio amico Nardo mi ha “sfidato” a scrivere sulla parola immaginario, in realtà più che di una sfida si tratta di una provocazione! perché, per noi Nardi, l’unico modo di cambiare le sorti di questo paese consiste nel cambiarne l’immaginario collettivo. Ma chi è Nardo? Semplice… il mio amico immaginario, (lol). Il sindaco che avrei voluto, ma che sindaco non voleva esserlo, perché lui, nel suo immaginario, vagheggiava un sindaco donna, in un paese che una sindaca non l'ha mai avuta e che forse per questo è ridotto così male, senza forse. 

L’immaginario di Nardo? Uguale al vostro! Non ci credete? Leggete cosa mi ha scritto:

 “Non lo avete saputo?! A quanto pare viviamo nella versione peggiore di Casteltermini, ma ne esiste una migliore, con le stesse persone, ma in cui le cose vanno bene, comunque meglio. Si chiama CastelNardo, hanno un sindaco donna che ogni mese fa una diretta in cui informa i cittadini. Sembra che abbiano pure progettato un sistema per aumentare l'occupazione tramite i fondi europei a cooperative, questa volta produttive però. Ne hanno create 5 che danno lavoro a 172 persone. Alcuni emigrati hanno già iniziato a fare rientro. Il paese partecipa ad assemblee plenarie una volta ogni 4 mesi in cui si progetta a distanza di tre anni. Sembra che abbiano appena deciso di adottare una cryptovaluta locale, che vale solo nei negozi di Casteltermini e che fa risparmiare (più del finto risparmio dei centri commerciali). Ne hanno parlato al Tg3. Non lo avete sentito?”.

Immaginario… un nuovo immaginario, perché ogni resistenza culturale, intellettuale, sociale comincia da un futuro immaginato. Un ripensamento necessario, un tornare al perché Nardo? Uno sguardo antropologico, che strizza l’occhio alle scienze sociali, alla loro irrinunciabile vocazione politica, alla loro comunicazione discosta e distinta. Non ci sono grandi sforzi da fare, basta osservare come è ridotto il paese per avviare il  pensiero critico.  Basta l’osservazione per essere costretti ad inventare nuove pratiche di libertà, per cambiare il nostro immaginario… già, l’immaginario! Non lasciatevi turlupinare immaginate un paese diverso, immaginate un paese migliore!

immaginàrio (letter. imaginàrio) agg. e s. m. [dal lat. imaginarius, der. di imago -gĭnis «immagine»]. – 1. agg. Che è effetto d’immaginazione, che non esiste se non nell’immaginazione e non ha fondamento nella realtà: esserimostri i.; personaggi di un mondo i.; i suoi timori sono soltanto i.; gli amori i. non soltanto anticipano ma quasi nutrono quelli veri (L. Romano); malattie i., e per estens., riferito a persona, malato immaginario2. s. m. a. Il termine, inteso nel pensiero filosofico come funzione e contenuto dell’immaginazione, e variamente definito in rapporto al variare del concetto di «immagine» nei diversi pensatori (produzione di stati di coscienza senza valore di realtà, in Cartesio, Spinoza, Hobbes; organo di sintesi del processo delle percezioni, in Kant; organo del pensiero nel quale la realtà viene rappresentata in assenza di essa, diversamente dalla percezione che dà la realtà in presenza, nella fenomenologia contemporanea), ha avuto via via o una interpretazione negativa, come movimento di diversione e fuga dalla realtà, o positiva, come funzione sintetica della percezione o come integrazione dei dati reali verso il possibile. b. Con altra accezione, la sfera dell’immaginazione quale si costituisce e si può riconoscere attraverso i miti, la produzione letteraria e cinematografica, la pubblicità: il reale e l’i.il cinema è da molti considerato l’espressione massima dell’i. collettivo. Anche, talora, la facoltà immaginativa: l’i. infantile è spesso altamente poetico. 3. agg. e s. m. In matematica, numero i., numero complesso in cui la parte reale sia nulla, e il cui quadrato sia quindi un numero reale negativo (il termine è usato talora per indicare impropriam. qualunque numero complesso: si dicono allora ipuri i numeri che soddisfano la precedente definizione). Unità i., o immaginario s. m. (simbolo i), il numero il cui quadrato è l’unità negativa, i2 = - 1. Puntorettapiano i. (o complessi) sono detti rispettivamente un punto, una retta, un piano nelle cui coordinate (o nei cui coefficienti) intervenga qualche quantità immaginaria. u Avv. (poco com.) immaginariaménte, per forza di immaginazione, per mezzo della fantasia.

Vocabolario - www.treccani.it