lunedì 27 gennaio 2020

Carmela De Marco, Cosi duci - (La recensione)


Carmela De Marco, Cosi Duci (Cose dolci), Rende (CS)  Edizioni Rossopietra, dicembre 2019, p. 102

Casteltermini, 27 01 2020 (RondelliSono) SikeliaNews è stato e continua ad essere un luogo di incontro e di libertà, per questo spesso si verificano delle piacevoli “collisioni” che ci portano allo scambio di opinioni, di studi, letture, di scritti. Da una di queste “collisioni” è nata la collaborazione di Carmela De Marco con Sikelia e la pubblicazione di alcuni “pezzi” giocati sempre sul filo della memoria e della riflessione. E anche se dopo tanto tempo ho deciso di slacciarmi gli alamari, state tranquilli che non ho litigato con nessuno, quando lo riterrò opportuno, in accordo con la redazione, continuerò a mandare le mie parvitates ai miei amici di Sikelia.

Carmela de Marco, lo apprendiamo dalla terza di copertina, è nata nel 1959 in Sicilia dove tuttora vive fra le province di Agrigento e Palermo, svolge da diversi anni l’attività di dirigente scolastico, dopo avere esercitato l’attività di docente nella scuola primaria.
Cosi duci è la sua prima pubblicazione.

Il libro si presenta diviso in quattro parti: Le assenze, La felicità, Cosi duci e Frammenti ed "è un racconto costituito da frammenti di ricordi che, apparentemente senza un filo logico, trovano una sottile coerenza nel senso di vuoto provocato dalle assenze, nella felicità e nella dolcezza avvertite per sensazioni ed emozioni che hanno lasciato indelebilmente il proprio segno". Le quattro parti sono precedute da una fase chiarificatrice.

Le assenze 

La frase che precede questa prima sezione del libro è di Marcel Proust: L'assenza è, per colui che ama, la più efficace, la più viva, la più indistruttibile, la più fedele delle presenze. Fedele a questa frase Carmela De Marco riesce raccontare quel senso di vuoto, accompagnato da un dolente stupore, che nasce dall'assenza, dalla percezione di una mancanza, dalla perdita di qualcuno. 
Paradossalmente la narrazione dell’assenza,  talvolta così dolorosa e insopportabile, è un pensiero fisso che diviene concreto, reale, tangibile, da trasformarsi, quasi nel suo esatto opposto: ossia in una pienezza, una presenza. Il gioco della memoria però non si ferma a questo e l’assenza più pesante, quella della madre, alla quale sono dedicate la maggior parte delle righe di Cosi duci, viene simbolicamente espressa dall'assenza della parola “madre” in tutta la prima parte della narrazione.  Andando avanti con le pagine l’autrice esprime la consapevolezza che il legame con coloro che si amano, seppure nella loro assenza fisica, è un qualcosa che rimane sempre tangibile, “Il vuoto dell’assenza può riempire tutto”.


La felicità 


In questa seconda parte l'autrice parla della felicità, quella perduta, quella in divenire,  quella che emerge dalla memoria. La memoria è la nostra anima e la De Marco sottolinea continuamente l'importanza della memoria, anche se è fatta di ricordi disordinati che "trovano una sottile coerenza nel senso di vuoto provocato dalle assenze, nella felicità e nella dolcezza avvertite per sensazioni ed emozioni che hanno lasciato indelebilmente il proprio segno". 
La madre, più defilato il padre, il cibo, la casa, racconti en abyme di affollata selva di ricordi centrati su qualcosa che svanisce e che al tempo stesso è talmente  presente da impregnare e lasciare le sue tracce ovunque, come l'odore del cibo, quello del muschio, quello dei gerani.

Nella prima pagina di questa seconda parte finalmente ci imbattiamo in un liberatorio "mia madre", quel nome assente fino a quel momento comincia a risuonare amorevolmente. Ci sono poi i luoghi della memoria, la campagna e la la casa; il tempo, quello delle stagioni e quello sacro feste; i colori, il giallo dell'estate e delle variopinte coperte. E in tutto questo sembra riecheggiare la celeberrima canzone di Bruno Martino, e la chiamano estate...

Cosi duci



"Che dopo tutto, sono le dolci e semplici cose della vita quelle vere" . Questa frase di Laura Ingallis Wilder apre la terza parte, quella che dà il titolo al libro, la parte più evocativa delle quattro. I Cosi duci sono i dolci preparati dalla madre della protagonista, ma sono anche le presenze affettuose, le carezze simboliche che colmano i vuoti e che fanno sorridere il cuore. Si esprime in questa parte la doppia valenza delle Cosi duci, quella materiale, legata ai dolci impastati e prodotti dalla madre oppure quelli acquistati dal padre e apprezzati dall'autrice e quella affettiva, riferita ai sentimenti, alla dolcezza degli abbracci, agli affetti familiari. Di questi tempi è molto difficile parlare di dolcezza, in particolare di quella riferita ai sentimenti. La dolcezza se non è ostentata sui social con meme preconfezionati diventa vana, come nel teatro di Pirandello l’apparenza è tutto. Il trionfo della superficialità, della mera esibizione, della maschera sulla vita. In questa terza sezione Carmela De Marco, rifugiandosi dietro la l’ambivalenza delle Cosi duci, ci trasporta in un mondo fatto di delicatezza, di sentimenti che si fondono con gli odori, quasi automaticamente vin in mente la Madeleine di Proust, il ricordo di una vita quotidiana ormai perduta, degli odori, dei gesti, dei sapori che evocano in lei ricordi del passato, cercati nella casa ormai vuota e polverosa. Il lettore si perderà alla ricerca di Cardello e si scalderà con i colori delle variopinte coperte, si ricorderà di Cicciu Busacca e della sua arte di cantastorie. Sentimenti, memoria e storia si fondono in un impasto perfetto, perfetto come la cudduredde, cosi duci.

Frammenti

L'ultima sezione è dedicata ai frammenti, di questi in particolare uno mi ha colpito "Il valore dell'indipendenza". Frammento che ogni giovane donna dovrebbe leggere, perché 'indipendenza, in particolare quella economica, è una conquista sociale che le donne da secoli cercano di fare loro, un valore che ogni madre dovrebbe insegnare alla propria figlia, per metterla nelle condizioni "di fare liberamente le proprie scelte e decidere liberamente della propria vita”. I frammenti non sfuggono alla regola delle rimembranze, cioè del recupero della visione immaginosa della fanciullezza attraverso la memoria.

Dai Frammenti emerge, ancora una volta, l’intreccio tra la presenza e l’assenza, che costituisce la trama stessa di Cosi Duci, nell'impossibilità di separare la presenza dall'assenza, nell'inammissibilità di dimenticarsi dell’assenza e di far finta di niente, l’autrice guarda  alla vita a partire dall'assenza in una spirale di sentimenti e narrazione, solo in parte autobiografica, che cela spunti di fantasia. Al lettore è affidato l'arduo compito di riuscire a distinguere le due fasi

Cosi duci è una lettura che vi consiglio di non perdere, in particolare la consiglio ai castelterminesi. C'è tanto del nostro mondo, raccontato con dolcezza e disincanto. 
Spero di convincere Carmela De Marco a presentarlo in paese, con lo stile che in questi anni ha caratterizzato le presentazioni di Sikelia, Mallia è avvertito... ho taciuto di una meravigliosa parte dedicata alla festa di San Calogero. Spero che a breve possiate trovare il libro nei miei punti vendita di elezione: "Punto e virgola" e "Chespiralidoso". Nel frattempo: 

giovedì 16 gennaio 2020

I Giganti, la danza e il liceo (Madre Teresa di Calcutta)




I Giganti della montagna fu steso intorno al 1933, anche se a quanto pare il pezzo era stato concepito, in forma embrionale, negli anni venti. Come di consueto, questo dramma si basa su una delle Novelle per un anno. Questa volta si tratta di Lo storno e l'Angelo Centuno (1910). Inoltre un personaggio (il lampionaio Quaquèo) è ispirato alla novella Certi obblighi.

Il primo atto aveva un titolo a sé: I fantasmi. Pubblicato in alcune riviste (Dramma; La Nuova Antologia), fu rappresentato per la prima volta a Firenze, il 5 giugno 1937.
Il secondo atto fu dato alle stampe dalla rivista Quadrante. Il pezzo rimase comunque incompiuto a causa della morte del drammaturgo, avvenuta nel 1936. 
(Fonte: www.pirandelloweb.com)

Questo video realizzato dalla classe quinta del Liceo scientifico "Madre Teresa di Calcutta" di Casteltermini (2019-2020) esprime l’intenzione di mettere in scena la “distruzione” della poesia, intesa in senso più lato come arte e bellezza. Pirandello non riuscì a completare il terzo atto de “I Giganti della Montagna” che fu ricostruito in prosa, raccogliendo le indicazioni del padre morente, dal figlio Stefano Pirandello. Il fatto che l’opera sia rimasta incompiuta contribuisce a renderla straordinariamente affascinante e moderna, aperta a una pluralità infinita di letture. Abbiamo preso una parte minima dell’opera e l’abbiamo sviluppata graficamente, riverberando il frammento e facendolo diventare narrazione. Si legge nella ricostruzione di Stefano Pirandello: “Gli uomini hanno distrutto la poesia”. E noi quella distruzione abbiamo voluto sublimarla e renderla immagine. Come prima cosa abbiamo voluto rendere omaggio alla bellezza architettonica della chiesa di San Giuseppe, condividendo la convinzione del principe Miškin che “La bellezza salverà il mondo”. 

Poi abbiamo impreziosito la bellezza della chiesa barocca con l’incanto della danza di Gaia Pensato e della musica immortale di Vivaldi. Il tema è quello dell’arte che nella riflessione pirandelliana si ammanta di molteplici valori simbolici, uno per ogni espressione artistica della nostra terra, uno per ogni tormento dell’autore agrigentino. La bellezza danza ma deve lottare con delle “nere figure”, che le occupano lo spazio e cercano di coprirla al fine di non farla vedere. La sparizione dietro le nere figure rappresenta la distruzione della poesia e della bellezza. Le nere figure si moltiplicano e la stringono sempre di più costringendola a ballare in uno spazio sempre più ristretto, la bellezza fa l’ultimo tentativo alzandosi sulle punte. Le tenebre hanno il sopravvento e Ilse/poesia/arte/bellezza scompare dalla vista degli uomini, forse in attesa di tempi migliori per tornare.
Scrive Marianna Schifano su SikeliaNews: Si può cogliere anche una seconda allusione, anch'essa molto attuale: la Terra che viene distrutta dagli uomini.
Prezioso, se non indispensabile, l’apporto di Davide Sclafani, eccellenza castelterminese.

I Giganti della montagna si confronta direttamente con alcuni dei motivi essenziali dell’immaginario di Pirandello ma soprattutto con la sua ossessiva riflessione sulle diverse incarnazioni dell’arte come sintesi assoluta e autentica della vita. Si tratta di un’opera sulla quale l’autore agrigentino si arrovellò per molto tempo e che non riuscì a portare a termine. Ne “I Giganti”, attraverso una complessa costruzione mitica, mette a confronto l’immaginario lontano, che trae origine nell’infanzia dell’autore, con le contraddizioni proprie della condizione dell’arte nella società moderna. Non è chiaro cosa rappresentano i giganti forse la preponderanza del lavoro materiale estraneo e indifferente alla seduzione dell’arte. Dietro l’opera sembra  celarsi una sottile polemica contro il fascismo e contro la sua ossessione per le grandi opere, utili solo a dimostrare la tracotanza di Mussolini. Nella sofferta opera di Pirandello il piano simbolico e quello allegorico si fondono in un’atmosfera indistinta. Gruppi di personaggi si confrontano e oppongono sulla scena, affermando o negando l’arte come assoluto, sino ad arrivare alla distruzione dell’arte simbolicamente rappresentata da Ilse.


domenica 12 gennaio 2020

Liceo di Casteltermini... da più di 50 anni nella nostra storia




Con deliberazione N° 30 adottata nella seduta del 2 dicembre 1967, il Consiglio Comunale, presieduto dal sindaco Prof. Calogero Calderone, dopo avere rilevata la necessità di istituire in Casteltermini un corso di scuola superiore ad indirizzo scientifico, allo scopo di consentire ai numerosi giovani licenziati dalla scuola media, di potere proseguire un regolare corso di studi più aderente all’indirizzo della nuova società, ad unanimità di voti decise di inoltrare istanza al Ministero della Pubblica Istruzione per la istituzione di un liceo scientifico in Casteltermini, impegnandosi ad assumere, a carico del Comune, tutto l’onere necessario per provvedere alle spese relative all’affitto dei locali.
E qui ci preme rilevare che l’Amministrazione Comunale con successiva apposita deliberazione N° 201 adottata nella seduta del 21.8.1968, dispose di prendere in affitto idonei locali, siti lungo la via Kennedy, composti di dodici vani oltre accessori e servizi, da destinare, come difatti destinò, a sede della sezione staccata, informandone telegraficamente il competente Ministero della Pubblica Istruzione.
Il predetto Ministero, con provvedimento dello stesso mese di agosto di quell’anno, dispose con apposito decreto l’istituzione in  Casteltermini di una prima sezione staccata di liceo scientifico statale, con inizio I° ottobre 1968; contemporaneamente l’Amministrazione provinciale di Agrigento,  assumeva con apposito formale provvedimento, l’assunzione a carico del suo bilancio, di tutto l’onere derivante dalla istituzione di questa nuova scuola.
La notizia fu accolta con vivissimo entusiasmo e fin dal primo anno affluirono nella nuova scuola moltissimi giovani destinati ad aumentare sensibilmente negli anni successivi.
Il progressivo felice sviluppo preso dalla scuola, com’era, per altro, nelle previsioni e negli auspici di tutti, consentì infine che venisse riconosciuta la sua completa autonomia.
E così con Decreto del Presidente della Repubblica portante la data del 22 agosto 1977, è stato riconosciuto autonomo.
(Francesco Lo Bue, Uomini e fatti di Casteltermini nella storia moderna e contemporanea)
Lo sviluppo progressivo della scuola, che ha formato nel tempo molte figure professionali operanti nel tessuto sociale di Casteltermini e dei centri limitrofi, ha portato alla nascita della sezione staccate di Cammarata e della sezione aggregata di Santo Stefano Quisquina.
Dall'ottobre 1997, il Liceo usufruisce di un nuovo edificio dotato di strutture laboratoriali e logistico - organizzative, che soddisfano pienamente l'esigenza di un apprendimento atto a creare abilità e competenze finalizzate al miglior proseguo di studi universitari in tutti i tipi di indirizzo e alla piena realizzazione nel mondo professionale e alla più alta espressione di cittadinanza attiva. 
Particolarmente spaziosa e attrezzata è la palestra che consente di partecipare alle lezioni con qualsiasi condizione meteorologica e che, grazie al fatto di essere separata dal corpo centrale, permette ai ragazzi di sfogare tutta la loro voglia di sport senza disturbare le lezioni. Fornita e funzionale è la biblioteca dell’Istituto, che ha attivo anche un servizio di prestito e consulenza.
Il liceo, inoltre, realizza moltissime attività collaterali a quelle disciplinari di tipo artistico - culturale e sportivo, che creano un clima sereno di apprendimento trasversale alle materie disciplinari e, a volte, fanno scoprire interessi per attività artistiche (quali il teatro, la musica, la fotografia, la scenografia ecc...) che spesso sfociano in vere e proprie professioni.
Il Liceo Scientifico è stato intitolato nel 1998 a MADRE TERESA DI CALCUTTA, premio Nobel per la pace e grandissima figura appartenente alla storia dell'umanità.
Nel 2013 Liceo Scientifico di Casteltermini, con le sezioni associate del Liceo Scientifico di Cammarata e del Liceo delle Scienze Umane di Santo Stefano Quisquina, ha assunto la denominazione di ISTITUTO D’ISTRUZIONE SUPERIORE e costituisce un solido riferimento per la comunità montana dell’entroterra agrigentino.
(www.malgradotuttoweb.it)
Il Liceo Scientifico, è un'ottima scelta tra le varie scuole a disposizione una volta terminate le scuole medie. Scegliere un Liceo Scientifico, significa scegliere una scuola che può dare davvero una vasta preparazione completa su materie basilari come la matematica, il latino, l'inglese, l'italiano, la fisica, la filosofia e la storia. Tutte le materie vengono studiate a livelli davvero molto alti.
Nell’ultimo quinquennio una Dirigenza Giovane e dinamica, ha allargato l’offerta formativa attivando l’Istituto Tecnico ad Articolazione Informatica.
Il percorso di studi dell’Istituto tecnico Informatica è particolarmente adatto a tutti coloro che hanno sviluppato nel corso del tempo una certa passione per i sistemi informatici (videogame compresi) e che intendono investire del tempo nella comprensione dell’innovazione tecnologica. Nella piena consapevolezza che la tecnologia dell’informatizzazione è ormai una parte importante della vita quotidiana.
l’Istituto di Istruzione Secondaria Superiore “Madre Teresa di Calcutta” inoltre sede di CTRH - NUOVA ECDL - CENTRO TRINITY
Durante l’anno l’offerta formativa comprende momenti importanti come gli incontri con gli autori Letterari e scientifici. Ci sono importanti occasioni di approfondimento e di crescita umana e culturale. Uno di questi è l’alternanza scuola-lavoro in sedi importanti come il Parco Archeologico e Paesaggistico Valle Dei Templi.
Con decreto a firma dell’Assessore alla Formazione Roberto Lagalla, l’Ufficio Scolastico Regionale ha comunicato che per l’anno scolastico 2019/20 presso la sede di Casteltermini dell’IISS “Madre Teresa di Calcutta” è attivo il corso serale dei servizi per la sanità e l’assistenza. Il corso offre una preparazione polivalente finalizzata alla gestione ottimale delle dinamiche interpersonali nei possibili ambienti di lavoro come centri estivi, assistenza domiciliare e in strutture socio-sanitarie. È consigliato a chi ama svolgere la propria attività lavorativa a stretto contatto con le persone.

Lo studente del Corso serale istituto professionale statale, settore servizi, indirizzo servizi per la sanità e l’assistenza sociale, a conclusione del percorso di studio triennale, acquisisce un diploma e le competenze necessarie per organizzare ed attuare interventi specifici in risposta alle esigenze socio-sanitarie di persone, comunità, fasce deboli.
Sono aperte le iscrizione al nuovo corso di studi.  Per le iscrizioni e tutte le informazioni  ci si può recare nella sede di Casteltermini dell’istituto. Al corso si accede con diploma secondario di primo grado ovvero con licenza di scuola media.
La formazione, puntando alla professionalizzazione, prevede una diretta partecipazione alle attività delle imprese socio-sanitarie presenti sul territorio, consentendo l’apprendimento di capacità operative spendibili in specifici ambiti lavorativi.
Tutte le lezioni che i discenti dovranno seguire si svolgeranno in un orario fuori dalle consuete ore scolastiche, dando modo ai lavoratori di potere frequentare comodamente.
Questo vantaggio indiscusso è certamente uno dei primi fattori che collocano le scuole serali tra le scelte favorite di chi non può frequentare i corsi tradizionali.
La qualificazione e la diversificazione dell’offerta formativa presente sul territorio sono una ricchezza irrinunciabile, che può portare solo benefici quanto ad innalzamento del livello culturale e professionale dei nostri giovani e della comunità nel suo insieme.
Immagini prese da Liceo Casteltermini Foto Vai al link

lunedì 6 gennaio 2020

Roberto Mistretta... il Noir dietro l'angolo

(appunto 33)
Proviamo a saperne di più su Roberto Mistretta, pluripremiato giallista di Mussomeli (Villabosco). Soffermiamoci sul Premio Alberto Tedeschi. Chiacchieriamo con il maresciallo Saverio Bonanno e apprezziamone le parole.

L'essenziale su Roberto Mistretta
Roberto Mistretta vive e lavora a Mussomeli (CL), la Villabosco dei suoi romanzi. Laureato in Giornalismo, scrive per il quotidiano “La Sicilia". Ha realizzato degli scoop ripresi da Verissimo, Maurizio Costanzo Show, Tg Rai e Mediaset, “Il Corriere della sera", "La Stampa”, “La Repubblica". Lettore onnivoro dall'asilo, adora Robin Wood, in particolare le serie che hanno per protagonisti Dago e Nippur di Lagash. Colleziona film, francobolli e gli albi di Diabolik e Zagor (ha grande simpatia per Cico), e ama gli altri eroi di casa Bonelli.
Tra gli scrittori predilige la visione illuministica di Voltaire, il cinico disincanto di Oscar Wilde, il pessimismo della ragione di Leonardo Sciascia e il mondo piccolo di Guareschi.
A partire da Giorgio Scerbanenco, (Quadrilogia del Duca Lambert) coltiva senza dare troppo nell'occhio la sua insana passione per i giallisti italiani, capaci come pochi di raccontare i mali oscuri della società, e si accosta con occhio critico alle trame inverosimili dei colleghi americani. Quando il lavoro, i libri e la famiglia non lo assorbono del tutto, si dedica alla terra e produce frutta e ortaggi biologici. 
Ha curato l'inchiesta sul Giallo siciliano con interviste a Santo Piazzese, Gaetano Savatteri, Domenico Cacopardo, Andrea Camilleri e altri scrittori e scrittrici. Ha vinto premi letterari e ha partecipato a festival e manifestazioni culturali a carattere italiano ed europeo. È autore del radiodramma Onkel Binnu sulla cattura di “zio Binnu” (Bernardo Provenzano), trasmesso con successo da Radio Colonia in Germania. 
Tra le sue pubblicazioni ci sono: Giudici di frontiera (2011), raccolta di interviste a sei magistrati impegnati in prima linea nella lotta alla mafia con prefazione di Giancarlo De Cataldo; Il miracolo di don Puglisi, (2013), che racconta la sofferta conversione di Giuseppe Carini, oggi testimone di giustizia, avvenuta grazie al parroco di Brancaccio assassinato dalla mafia; Rosario Livatino: l’uomo, il giudice, il credente (2015), una completa biografia del giudice ragazzino assassinato dalla mafia; Il titano di pietra/Mussomeli e il suo castello (2015), con foto del Maestro Melo Minnella. È autore della serie del maresciallo Saverio Bonanno tradotta con successo in Austria, Germania e Svizzera e riproposta in e-book, a maggio 2018, dal suo editore tedesco, la Luebbe di Colonia. Nel 2017, con Fratelli Frilli Editori, ha pubblicato Il maresciallo Bonanno. Un'indagine siciliana, primo episodio della serie dedicata all'esplosivo rappresentante della Benemerita. Il suo racconto, Il marranzano d'argento, con protagonista il maresciallo Bonanno, compare nell'antologia noir dedicata a Marco Frilli. Nel 2018 esce sempre per Frilli Il Canto dell’upupa. Una nuova indagine per i maresciallo Bonanno (finalista a Salernoir 2019). Nel Giugno del 2019 esce ancora per Fratelli Frilli Editori un altro episodio del maresciallo Bonanno ovvero Il bacio della mantide: Rose e veleni per il maresciallo Bonanno.

Premio Alberto Tedeschi - Edizione 2019

Nel mese di giugno del 2019 Roberto Mistretta riceve una telefonata: «Complimenti lei ha vinto il premio Alberto Tedeschi. Benvenuto nella grande famiglia Mondadori». A chiamare è stato direttamente Franco Forte, il direttore de "Il Giallo Mondadori”. Si tratta del premio più ambito per giallisti italiani, tanto che in molti lo definiscono lo "Strega" del genere giallo. La vittoria gli vale la pubblicazione con il rinomato editore milanese del romanzo vincitore: La profezia degli incappucciati. In finale con lui Mauro Frugone, Il sangue non mente; Stefania Miotto, Il braccatore; Cristina Rossettioni, Nel bagagliaio di M.me De Gaulle; Tommaso Russo, Giudice ultimo

Il premio Tedeschi è stato istituito nel 1980 ed è dedicato alla memoria di Alberto Tedeschi, storico direttore de Il Giallo Mondadori, traduttore e figura fondamentale della letteratura gialla e di genere italiana, deceduto l'anno precedente. Il premio permette la pubblicazione del romanzo vincitore nella collana de Il Giallo Mondadori e ha visto tra i suoi vincitori numerosi giallisti successivamente affermatisi come maestri del genere. Nella lista dei premiati si leggono nomi del calibro di Loriano Macchiavelli, Nino Filastò, Danila Comastri Montanari, Carlo Lucarelli, Giulio Leoni e Fabiano Massimi. Grazie a Roberto Mistretta la Sicilia si fregia del riconoscimento per la prima volta. Leggiamo su La Repubblica. «Sarebbe troppo banale ammettere che ho provato una soddisfazione enorme - confessa lo scrittore di Mussomeli - oltretutto alla vigilia del quarantennale del premio. Il mio romanzo vedrà la luce il primo luglio e approderà in edicola: ce ne sono 36 mila in tutta Italia, quando penso alla tiratura mi viene il capogiro».

Il  genere Noir e il maresciallo Bonanno
Noir, in francese, significa nero. Nel noir puro, quello di scuola americana e poi ripreso da autori francesi come Manchette, Helena e Malet, la risoluzione del  crimine non è la componente principale, bensì è solo una “scusante” per raccontare uno spaccato di società. Il noir si distingue dal giallo classico per la marcata componente sociologica, per la caratterizzazione dell’ambientazione (che diventa vera protagonista della storia, mentre nel giallo classico rimaneva solo sullo sfondo). Il noir è, per sua natura, spesso privo del finale consolatorio. Il caso viene risolto ma porta a sollevare problemi e aspetti poco edificanti e molto spesso il colpevole non viene assicurato alla giustizia. Il noir è stato paragonato al romanzo realista italiano (quello di Verga, per esempio), per la ricerca della rappresentazione della realtà e della società civile. 

Il Noir Mediterraneo può essere definito una particolare accezione del noir, sviluppatasi nel bacino del Mediterraneo e che ha visto come protagonisti autori come Carlotto, Izzo, Andrea Camilleri, Petro Markaris e Vazquez Montalban. Il noir mediterraneo non è stato un movimento e neppure un genere a sé stante ma si  trattato piuttosto di una “percezione”. Un gruppo di autori, provenienti da paesi che si affacciavano sul Mediterraneo, hanno sentito l’esigenza di raccontare i profondi contrasti tra la bellezza dei luoghi e l’efferatezza dei crimini che venivano perpetrati. Predecessori del noir mediterraneo possono essere considerati Montalban, con il suo Pepe Carvalho, e Giancarlo Fusco, con il romanzo Duri a Marsiglia. Montalban racconta i lati poco turistici e certamente non gradevoli di una metropoli come Barcellona, dando vita al personaggio combattuto e amante del buon cibo di Carvalho. Ex agente della Cia, comunista arrestato dal regime franchista e finito a fare l’investigatore privato, Carvalho è un uomo disilluso, che conosce Barcellona e la società catalana. L’eredità di Carvalho viene raccolta da Jean-Calude Izzo, considerato l’effettivo fondatore del noir mediterraneo. Attraverso la trilogia di Fabio Montale, Izzo ha saputo raccontare il lato oscuro di Marsiglia e dare il via a una stagione di romanzi ambientati lungo le coste del Mediterraneo.

Sulla  scia di questi illustri predecessori Roberto Mistretta, fedele ai dettami del genere, ci offre un affresco interessante della zona di confine tra le province di Caltanissetta e Agrigento.  Nella sua opera spesso si confronta, chiarendola, con la realtà sociale di questa parte della Sicilia. La materia del lavoro dell'autore sono i fatti, quindi la scrittura diventa strumento perfetto per l'interpretazione dell'entroterra siciliano, nelle indagini poliziesche di Bonanno sono dissimulate le indagini sui mali di questa società. 
Ne Il Canto dell’upupa. Una nuova indagine per il maresciallo Bonanno il corpulento carabiniere si ritrova dipanare una  intricata trama poliziesca e allo stesso tempo a far luce sul lato oscuro dell’essere umano, quello dove alloggiano i mostri: la pedofilia. La forza civile e di denunzia pervade tutta l'opera di Roberto Mistretta che, nel terzo episodio Il bacio della mantide: Rose e veleni per il maresciallo Bonanno, oltre ad offrirci un'intrigante trama, ci spinge a confrontarci con la tratta a fini di accattonaggio e prostituzione. Mishna e sua zia vengono strappati dagli affetti familiari e dal proprio Paese, il Kosovo, e portati in Italia dove non hanno altre possibilità di sopravvivenza che l'accattonaggio e la prostituzione. Bonanno è il mezzo attraverso il quale l'autore analizza l'animo umano.
A proposito del protagonista si legge nella quarta di copertina de La profezia degli incappucciati: Bonanno ama viaggiare e conoscere posti nuovi, gli sarebbe piaciuto pilotare gli aerei, o fare il sub per nascondersi nelle profondità marine. Invece, per l'uniforme che indossa, le profondità che si trova a scandagliare sono quelle, ben più oscure, dell’animo umano. Ognuno in fondo al cuore sa che esistono verità insondabili dalla pura ragione. E tuttavia l’indagine che dal presunto incidente prende le mosse, per poi affrontare una serie di omicidi legati all'enigma di una profezia, è destinata a sconcertare anche un uomo d’esperienza come il maresciallo. 

Le parole di Saverio Bonanno

Cominciamo con uno sguardo da lontano... il genere poliziesco ha per sua  vocazione una struttura "naturalistica" che parrebbe avere sintonia con una ispirazione "verista" e connessioni con lo sforzo "scapigliato" di creare un romanzo che «nasceva sotto l'impulso di due esigenze, una di tipo politico-sociale e l'altra più dichiaratamente narrativa, da inchiesta di costume a metà fra il romanzesco e il giornalistico», (due campi assolutamente congeniali al nostro Roberto Mistretta). Fin dalla sua origine il giallo, e in particolare il noir, ha dovuto confrontarsi con la questione della lingua e a questo confronto non è sfuggito di certo Mistretta che adotta con efficacia le sue soluzioni. Per garantire il realismo della narrazione l’autore, specie nei dialoghi e nelle riflessioni, si affida ad una sintassi potentemente mimetica. 
Nel discorso popolare Mistretta spesso pone nelle sua frasi il verbo alla fine: «Gli spazzini si pigliarono! Gli sbirri se li portarono!» (Un’indagine siciliana, Pag. 20), la lingua è assolutamente quella madre ma il colore è sicuramente regionale, ottenendo realismo e intelligibilità. Quando si presenta la necessità Mistretta si affida ai dialettismi adattati come munnizza, funzionali al recupero della lingua. I regionalismi in corsivo appaiono in alcuni casi particolari: «Quella cravatta non sta bene accussì». (Mantide Pag. 97). Figurano in corsivo molte parole regionali: annacati, pirtusa ecc. Qualche dialettismo in corsivo riguarda anche l'onomastica per esempio U Signaturi (Un'indagine siciliana Pag. 96). Qualche dubbio suscitano i cognomi di molti personaggi: Vasapolli, Falsaperla, Prestoscendo  non tanto riguardo all'esistenza, certosinamente ricercata e dimostrata dall'autore, quanto per il cumulo e la presenza contemporanea forse troppo insistita. Infine la lingua  varia diatopicamente quando il parlante usa il dialetto di altre regioni, paradgmatiche in questo senso sono le tre c napoletane di Cacici sul caffè: 'o ccafé verace add'a essere comm' cazz' coce! (Incappucciati). Diastratico, formale e accurato è il parlato di nobili, superiori e magistrati.

Il consiglio è quello di leggere tutti gli episodi de “Il maresciallo Bonanno” perché lui e la sua squadra sono quanto di più interessante produce il noir italiano in questo momento, il premio Tedeschi lo dimostra. Perché non ci sono quasi mai cali di tensione e quando ci sono è solo perché l’autore indulge a dare spazio all’ironia e al divertimento. Come nei migliori noir il finale è decisamente all'altezza in tutti gli episodi. 

In attesa di un nuovo "Bonanno"... le indicazioni per gli acquisti:
Il maresciallo Bonanno. Un'indagine siciliana
Il Canto dell'Upupa
la profezia degli incappucciati
Il bacio della Mantide