Nei momenti
che a scuola sanciscono il passaggio dallo studio alla “vita”, che si
caratterizzano come brevi, ma spero fruttuose, chiacchierate, mi capita spesso
di definire rapporto con i miei alunni come quello più simile al rapporto che
intrattengo con miei figli.
Infatti, come con i
miei figli, passo con loro tanto tempo. A volte litighiamo e poi
facciamo pace, il più delle volte insegno ma mi capita spesso d’imparare,
progettiamo il futuro o ricordiamo il passato. Mi piace molto sapere di loro,
non tanto delle loro cose private, rischierei di metterli in imbarazzo, quanto
dei loro interessi, delle loro attività, di come impiegano il tempo libero.
Ognuno entra nel mio mondo con la sua storia: quelli che praticano uno sport mi
raccontano le loro imprese sportive; una alunna mi parla della sua passione per
la danza e dei suoi allenamenti; un’altra mi spiega il mondo degli influencer e
del marketing a loro legato; altri alunni mi parlano delle loro letture; altri
ancora delle “serie tv”, (ma si chiamano ancora così? Visto che il 90% di loro
le guarda dai cellulari). Potrei continuare con un numero infinito di esempi,
mi fermo. Da tutte queste informazioni viene fuori un caleidoscopio sfaccettato
e coloratissimo che, come avviene con le macchie di Hermann Rorschach, mi
permette di analizzare la società che mi circonda e mi illude di potere
vaticinare la società futura.
Il lunedì
mattina, giusto per non avere un impatto shock e per farli uscire
dall'assonnato torpore post domenicale, dedichiamo i primi minuti in aula alla
cronaca e al commento della partita del Casteltermini. La semplicità della
narrazione interna all'azione, i commenti, le risate sono il miglior modo per
iniziare la settimana. I miei alunni calciatori, con un coro di interpretazioni
esegesi e note dei compagni, mi raccontano successi e delusioni, goal ed
espulsioni e tutto quello che è accaduto e li ha coinvolti personalmente. In
quei dieci minuti c’è tanto del loro mondo che viene fuori, c’è anche tanto da
imparare.
Un goal
memorabile è stato quello siglato per il 4 a 1 sulla capolista Sciacca dal mio
alunno Calogero, tanto che sono rimasto incantato dal suo racconto: «Ho
ricevuto palla da un compagno, ho puntato verso la porta, sono entrato in area,
a quel punto però mi sono allungato un po’ troppo il pallone, poi per non perdere
l’occasione mi sono prodotto in una scivolata e l’ho messa dentro». Tutto
questo, sia nella narrazione del lunedì sia nel video allegato, è avvenuto con
serenità, senza concitazione, con la spensieratezza propria dell’età, ma anche
con la certezza dei propri mezzi. Mi è piaciuto il modo con il quale Calogero
ha ammesso il proprio errore, ma mi è piaciuto di più come ha rimediato ad
esso con coraggio e perizia. La sua serenità senza concitazione, il fare
diventare una difficoltà un'opportunità,
mi ha ricordato, forse impropriamente, il concetto di resilienza[1], la
cosa giusta da fare, esempio per la vita di tutti i giorni.
Una bella lezione per me e per i compagni, ci
siamo confrontati con l’arte di imparare ad inseguire un obiettivo nonostante
ostacoli e difficoltà, che si è conclusa con il nostro motto “L’allenamento è tutto”, inteso come: l’impegno è indispensabile,
nello studio, nello sport, nel lavoro. Perché le proprie passioni, scusate la
tautologia, vanno seguite con passione!
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