Nel secondo anno delle elementari la mia maestra, la
maestra Guarneri, si assentò per due settimane, in questo tempo fu sostituita
da un supplente, non più giovanissimo, del quale non ricordo il nome. Non lo
ricordo per il motivo particolare che vi spiegherò.
Era questo supplente “fissato”
con il canto e i cori, soprattutto con i canti religiosi, diceva di volere fare
di noi, una classe di seconda elementare, un coro migliore di quello della Cappella
Sistina! Impresa comicamente impossibile e mai realizzata.
Un gruppo di bambini
allegramente svogliati che, arrivati ad un certo punto, non i sa per quale motivo ha cominciato ad
imitare nel canto il suono nasale tipico delle nonne quando cantano il rosario in dialetto. Questa cosa ha fatto impazzire
il supplente che si è messo ad urlare: «Basta! cos’è codesto birignao?!».
Apriti cielo! Il supplente diventò subito il “maestro Birignao”, il canto
diventò sempre più nasale e tutti aspettavamo il momento del rimprovero. La
fine delle due settimane di supplenza fu vista dal supplente come una
liberazione.
Questo ricordo lontanissimo è affiorato leggendo “Il lusso della
gioventù” di Gaetano Savatteri, dove mi sono imbattuto di nuovo in questa parola.
Passiamo la
parola www.treccani.it/vocabolario/birignao
Birignào s. m. [voce onomatopeica]. – Nel gergo teatrale,
dizione ridicola e artificiosa, con pronuncia nasale e con vocali finali
prolungate, eccessivamente enfatica, tipica di alcuni attori di teatro, e
talvolta anche di cantanti di musica leggera. Anche, estens., modo di parlare
artificioso e innaturale: parlare col b.; affettare uno stucchevole birignao.
PS Il coro della Cappella Sistina può dormire sonni tranquilli...
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