Da
un po’ di giorni si trova in piazza Duomo, non riesco ancora a decidermi se lo
ritengo bello o brutto. Di certo sono convinto che è importante, lo è per tutta
la nostra Comunità, per la sua identità della quale
rappresenta il risultato simbolico di un tragitto sinuoso e anomalo che ha
unito, in piccole o grandi occasioni, un gruppo di caparbie donne.
Ogni “mattonella” di questo albero è passata
attraverso l’angoscia o la felicità, la gioia o la tristezza delle singole signore
che l’hanno pazientemente realizzata. Ha sostato nelle loro case: testimone del
vissuto di ognuna, per poi allargarsi e diventare la storia di un paese,
Casteltermini, alla disperata ricerca di se stesso, nel ricordo di un passato glorioso e
ormai lontano, forse perso per sempre. “L’Albero dei Desideri” ha allontanato, finalmente, la nostra
Comunità dal teatrino social di “chi vince e chi perde” tramutandosi in un
grande mosaico, che nei suoi particolari ci parla di un popolo multiforme ed
eterogeneo, di donne emigrate con il corpo ma presenti con il cuore. L’albero è diventato così una metafora capace di dare l’idea di come 2000 e più “mattonelle” vengano con pazienza messe una
affianco all’altra nel tentativo di far emergere una figura, un’idea, una storia
appunto, la nostra.
Ogni
mattonella rappresenta uno di noi, la nostra inutile solitudine che si oppone
all’albero, simbolo di unità e compattezza. Dobbiamo tornare ad essere Comunità,
questa vicenda ci ha indicato il
cammino per ritrovare la nostra identità, per ritornare ad essere un popolo. E non è un caso che ad indicarci la strada siano state le donne della Comunità
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