Ci sono storie che appartengono ai nostri paesi e, in questo caso, in particolare Casteltermini, che hanno dell’incredibile. Una delle più strane però, tra quelle nelle quali ci si può imbattere, è sicuramente quella della Chiesa di Sant’Anna.
La fonte è il solito “Uomini e fatti di Casteltermini” del Cavaliere Francesco Lo Bue, che così ce la descrive: “La chiesa di Sant'Anna, esistita per due secoli e poi demolita e cancellata per sempre, non dovette essere un tempio di poco conto.
Fu costruita nelle vicinanze dell'allora campagna di contrada Pecoraro, nell'anno 1663 e dedicata alla SS. Trinità e a Sant'Anna.
Il sito preciso occupato dalla chiesa è quello corrispondente alla palazzina costruita di recente [...] (ovvero gli anni '70 del secolo scorso).
Era ad una sola navata e aveva un solo altare: l'altare maggiore. La volta era costituita da un grande cappellone, all'esterno tutto coperto di tegole, all'interno decorato a stucco. La navata misurava le seguenti dimensioni: m. 20 di lunghezza, m. 7,70 di larghezza, m. 10 di altezza”.
Per la zona dei Sicani e per quel periodo, era un tempio di tutto rispetto: “Si entrava da una porta centrale di dimensioni normali, proporzionata all'ampiezza della Chiesa; m. 2 X m. 2,50. Sul muro frontale sopra l'altare maggiore, vi era un grande quadro raffigurante Sant'Anna, sostituito in un tempo imprecisato, da una bella statua, che poi, quando la chiesa venne chiusa al culto, fu portata nella Chiesa di Gesù e Maria, dov'è tuttoggi conservata e posta in una nicchia della chiesa stessa”.
Nella storia però sono presenti delle stranezze: “Nella parte alta dell'angolo sinistro, in corrispondenza dell'altare maggiore, esisteva una servitù di veduta, sorta certamente all'atto della costruzione della Chiesa.
Una tale servitù privata, creata stranamente all'interno di una Chiesa, fa pensare che poté trattarsi di una autorevole imposizione da parte della famiglia che abitava quella casa, non disposta a chiudere quella finestra ed a rinunciare al privilegio di assistere alle funzioni in chiesa stando in casa e guardando dalla finestra”.
Servitù privata? Assistere alle funzioni in chiesa stando in casa e guardando dalla finestra? Ma di cosa si sta parlando? Si sta parlando di un privilegio, sembra un episodio del teatro dell’assurdo ma non lo è, non è finzione è realtà. C’era una famiglia a Casteltermini che poteva assistere alla Messa comodamente dal salotto di casa! Una storia che ha dell’incredibile... Ma il bello deve ancora venire, se di bello si può parlare, un fatto veramente insolito accadde e portò la chiesa a distruzione.
Il Cavaliere lo Bue cita a questo punto una cronaca di metà ‘800: «Nel 1865 fu capricciosamente privata di tutto dall'Assessore Vincenzo Ferlisi, funzionante da Sindaco e vendute le travi e le tegole; e non si sa concepire quest'atto vandalico consumato dal fratello minore dell'Arciprete, coabitante con esso in una casa nella quale la sua famiglia aveva il diritto di veduta nella Chiesa medesima». <<Cosa ci fosse dietro un simile gesto così grave, non lo sappiamo di certo; pare comunque che la causa di tutto andasse ricercata nella esistenza di quella finestra dentro la Chiesa; e che tra la famiglia Ferlisi e l'allora Rettore della Chiesa, che a quel tempo pare fosse il Sac. Vincenzo Mirabile, che aveva la sua casa di abitazione in adiacenza alla Chiesa, si accese una furiosa lite, perchè il Sac. Mirabile, ad un certo momento, ingaggiò una lotta per costringere il Ferlisi a chiudere la finestra, «....da qui la reazione del signor Vincenzo Ferlisi che abusando gravemente della sua carica di assessore funzionante Sindaco, ordinò la demolizione della Chiesa » «....che in un primo tempo si limitò allo scoperchiamento del tetto e alla vendita delle travi e delle tegole, necessaria per pagare gli operai addetti appunto ai lavori di demolizione......>>.
Dunque la causa della distruzione è legata a quella finestra e a quello strano privilegio. In seguito, grazie alla sua posizione in seno all’amministrazione il consigliere anziano Ferlisi si fece approvare un documento dal Consiglio Comunale che sanciva “l’inutilità” di tale chiesa: “la Chiesa comunale di Sant'Anna antica per la fondazione di sdrucite fabbriche di gesso, chiesa poverissima senza rendite il di cui culto stentatamente sostenevasi a refratte oblazioni dei fedeli”.
Si apprende ancora dal solito “Uomini e fatti di Casteltermini” del Cavaliere Francesco Lo Bue: “Infatti, subito dopo la prima aggressione che portò alla demolizione del grande Cappellone, la chiesa venne precipitosamente abbandonata e messe il salvo le cose sacre che le si appartenevano” finirono nella vicina Chiesa di Gesù e Maria.
Il quadro e la statua di Sant’Anna, la statua di S. Salvatore, la campana [...] da allora è collocata nel suo campanile.
Siamo davanti a una storia di gente che, pur di non perdere i propri privilegi all’interno della propria chiesa, preferisce vederla distrutta, di gente che all’obbedienza sostituisce la protervia e al Verbo scarne e offensive parole parto di delirante ignoranza. E non c’è niente di peggio di un’ignoranza che si ammanta di falso sapere.
Al peggio però non c’è mai fine ed ecco arrivare i “patrioti” che mutano finanche il nome della discesa che portava a questo sfortunato tempio, la “scinnuta di Sant’Anna” diventa via Garibaldi, personaggio quest'ultimo ancora tutto da verificare. Dopo averla distrutta, la comunità “ufficiale” ha pensato bene i cancellarne la memoria. L’unica consolazione? Non ci è riuscita! e per la comunità “vera” sanamente popolare è sempre rimasta discesa “Sant’Anna”, tanto che sarebbe logico raccogliere le firme per riportarla al suo antico nome.
Nel ricordo di questa chiesa si fronteggiano due comunità: la comunità ufficiale che l’ha voluta vedere distrutta e poi, con una sorta di damnatio memoriae, cancellata finanche nel nome e la comunità ufficiosa, numerosa e silenziosa che non dimentica e non dimenticherà, che ne conserva il nome… per sempre.
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