“Nardu Vitellaru” è un
insuperabile poeta satirico castelterminese. Non si può non rimanere
affascinati dalla pubblicazione di Francesco Lo Bue: Leonardo Vitellaro e la sua poesia, Palermo, 1989, ma ancor più
suggestionati da un tesoro nascosto di poesie inedite (ci sto lavorando!) con
nomi e cognomi dei protagonisti politici, e non, della prima metà del secolo
scorso. Leonardo Vitellaro è un attento osservatore di tutto il mondo
castelterminese, spesso meschino e
ignobile nei suoi confronti. Un mondo che va dalla piccola gente, il fornaio
che non gli vuole più fare credito, ai potenti con le loro ossessioni e le loro
manie di grandezza. Maestro nel colpire con frasi incisive una situazione
ridicola o la stupidità umana, Nardu Vitellaru dà alla sua poesia un sapore particolarmente
sapido, che spesso però sfocia nell’amaro. I suoi componimenti sono fatti di
allusioni, ritratti, attimi di vita reale, struggimento per la perduta
tranquillità, per il suo essersi impoverito. La parte più intensa della sua
opera, specie quella degli ultimi anni, si caratterizza per una forte vena di dolorosa
malinconia che lascia intravedere nell’autore un’anima di poeta profondo e
pensoso.
Il Nardu satirico ha degnamente affondato le mani nella
storia millenaria della satira, l’origine della quale è ancora assai dibattuta.
Già per gli eruditi romani le origini della satira risultavano alquanto incerte
e misteriose. In un luogo dell’Institutio
oratoria Quintiliano intende rivendicare l’originalità del genere come
prodotto tipicamente romano quando afferma: “satura quidem tota nostra est”, contrapponendo così la satira agli
altri generi letterari di derivazione greca. Ma in realtà l’orgogliosa
affermazione di Quintiliano solo in parte trova conferma in factis: la tendenza allo scherno e alla beffa, tipica degli
Italici, l’Italum acetum (come lo
definisce Orazio), fu indubbiamente una condizione necessaria e determinante
per il sorgere della satira, ma una cosa è ammettere che l’humus culturale latino-italico si prestava a favorire certi generi
letterari, altra è affermare che anche il seme è indigeno.
Infatti lo stesso Orazio
riconnette la satira alla commedia antica dalla quale avrebbe ereditato
soprattutto il carattere mordace e caustico, e alla poesia giambica, nella
fattispecie a quella di Callimaco, da cui la satira avrebbe preso non solo lo
spirito ma anche la varietà degli argomenti.
In definitiva, però,
nonostante gli innegabili influssi culturali greci della satira, non possiamo oggi,
in absentia di un definito genere
satirico greco, non considerare, in pieno accordo con Quintiliano, che proprio
i Romani conferirono alla satira lo statuto di genere letterario.
Saldamente ancorata alla tradizione
millenaria descritta, la satira costituisce la più graffiante delle
manifestazioni artistiche. Basata su sarcasmo, ironia,
trasgressione, dissacrazione e paradosso, verte preferibilmente su temi di
attualità. Spesso nella azione satirica non c’è un bersaglio preciso, si
rischierebbe la paralisi decisionale per sovrabbondanza di scelte! In quel caso
se qualcuno si identifica in una poesia la colpa non è del poeta, la colpa è sua!
Voglio inoltre ricordare che essendo la satira una forma d’arte, il diritto ad esercitarla trova
riconoscimento nell’art. 33 della Costituzione Italiana, che sancisce la libertà
dell’arte...
PAX.
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