Leggendo l’amaro, ma allo stesso tempo esilarante, racconto
di Leonardo Sciascia “La zia d’America” ci si imbatte in un curioso slang,
parlato proprio dalla zia e dai familiari di lei. Un impasto linguistico tra l’inglese,
quello un po' corrotto degli americani, e il siciliano dei nostri emigrati. Ne ho
parlato subito con la mia collega di inglese Linda Mancuso e con Michele Segretario, etnologo che svolge attività di ricerca a UC Berkeley negli Stati
Uniti.. Entrambi mi hanno fornito materiale
curioso ed interessante, ma andiamo con ordine...
Siculish – ovvero l'adattamento al siciliano di parole ed espressioni a opera degli
immigrati siciliani in America. Si tratta quindi di una lingua adattativa e
trasformativa, spinta dalla necessità di comunicare ad ogni costo. Scrive
Eleonora Lombardo: «Cu avi lingua passa
lu mari», dice la saggezza popolare e il siculish è la risposta creativa dei
siciliani d'America che, tra l'esiliarsi nella loro lingua o consegnare una
resa totale all'inglese, hanno scelto di inventare un ibrido, uno slang comico
e goffo che ha consentito di passare non solo il mare, ma addirittura l'oceano.
In realtà si tratta di
una necessità, i
primi emigrati in America non parlavano neanche l’italiano, come afferma Nancy
Carnevale nel suo A new Language, a new
world[1]-, di
conseguenza si sono trovati isolati non solo dagli americani, ma anche dai loro
stessi connazionali. È nata così la necessità di sviluppare un proprio idioma, un dialetto
italo-americano, che ha permesso loro di comunicare sia con gli americani sia
con gli altri italiani, formando ed esprimendo una nuova identità. Abbiamo detto
comunicare e non parlare, che presuppone attenzione alla pronuncia,
all'intonazione, all'impronta stilistica o ambientale, comunicare lo stretto
necessario per sopravvivere.
Alimentazione, ambiente domestico e lavorativo sono quindi le tre aree tematiche maggiormente contaminate di siculish. Il ritorno degli emigrati in Sicilia ha permesso una seconda contaminazione: alcune parole siculish entrano a far parte a pieno titolo del dialetto di alcuni paesi; per esempio sichinenza, penuria, dall’inglese seconds-hands, seconda mano; presupponendosi forse che chiunque acquisti oggetti di seconda mano non può permetterseli nuovi. In aggiunta ai ritorni, molte parole, Sciascia lo mette magnificamente in evidenza, entrano in Sicilia attraverso gli intensi scambi epistolari. Poco a poco termini come lofio, da loafer: lazzarone, cominciano a fare parte integrante del nostro dialetto.
Da dove viene fuori questa capacità di adattamento e trasformazione? È possibile che le varie lingue dei dominatori che hanno popolato il territorio siciliano, stratificandosi, abbiano determinato la capacità di rimodellamento, a volte di vera e propria storpiatura, delle parole provenienti dalle lingue degli stessi dominatori. Pensiamo a parole come abbuccàri (capovolgere o versare) viene dal catalano e spagnolo avocar; taliata (modo di guardare) dal catalano taliar-taiare (guardare da luogo alto); gileccu dalla parola turca yelek giubbone di panno con maniche a tre quarti, usato dagli schiavi sulle galere; catusu dall’arabo qadus, gronda di scolo; Accattari dal francese acheter, comprare. Insomma il popolo siciliano, nel corso dei secoli, ha sempre trovato un sistema di alterazione delle parole che le rende familiari, conformandole al suono della lingua siciliana, aggiungendo e creando senso. Il siculish potrebbe essere figlio di questa capacità di adattamento linguistico sviluppata nei secoli, del sabir ho già detto in un precedente contributo, oppure potrebbe essere una forma di resistenza dal basso: «Non ci arrendiamo alla vostra lingua! Ci prendiamo le parole e le ammantiamo dei nostri suoni!». Troppo romantico? Forse...
Il Castelterminish di Fofina e Cinuzzu- La professoressa Linda Mancuso mi ha fornito un elenco di parole siculish, che potete leggere di seguito, utilizzate dai suoi nonni: Raffaela Vaccaro (conosciuta come ZZa Fofina Mancuso) e Vincenzo Mancuso (zzi Cinuzzu Mancuso) - Emigrati in Canada negli anni ’60. Oltre alle parole mi ha raccontato di un simpatico episodio, che leggerete nella seconda puntata di questo mio contributo, accaduto a suo nonno.
Pùscia Push Premi
Trocchetto Truck furgoncino
Cicchinisùp Chicken soup brodo di pollo
Doghetto Dog (Little dog) cagnolino
Màscina Washing Machine lavatrice
U storu the store negozio di generi alimentari
chek cake torta
zzocchè it’s
ok va bene
spirìpis spare ribes costolette di maiale
u friggi freezer congelatore
frinci fràis French fries patatine fritte
caciàpp ketchup salsa di pomodoro
scechinbechi shake in bag preparazione di fusi di pollo
(si agitano
in un sacchetto con aromi e pan grattato)
gingirella ginger ale gazzosa
beca bag busta/sacchetto
per la spesa
màrcatu market ingrosso di frutta
Leggi la seconda puntata: Il siculish e il Canada della famiglia Mancuso (2)
[1] Carnevale, Nancy C. A New Language, A New World: Italian Immigrants in the United States, 1890-1945. University of Illinois Press, 2009. Project MUSE. muse.jhu.edu/book/18497
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